Nàpoli, ducato di-

ducato istituito nel 638 dall'esarca Eleuterio per ristabilire il dominio di Bisanzio. I poteri civili e militari vennero accentrati in un duca, sottoposto al patrizio o stratego di Sicilia. Il ducato comprendeva agli inizi del sec. IX: Napoli, Cuma, Pozzuoli e Salerno. Sin dalla sua istituzione fu coinvolto in una lunga serie di guerre causate dalla continua pressione dei Longobardi di Benevento, dei pontefici, degli imperatori bizantini e dei corsari saraceni, la cui prima comparsa, dell'812, ebbe come conseguenza la devastazione di Ponza e Ischia. I Longobardi di Benevento, da parte loro, cinsero Napoli d'assedio per ben cinque volte (822, 831, 832, 835, 836); dopo la seconda, essi portarono nella loro città quale trofeo il corpo di San Gennaro. Ma nell'836, a seguito di un intervento saraceno invocato dai Napoletani, furono costretti alla pace. Con Sergio I, conte di Cuma, il ducato che in un primo tempo era stato elettivo divenne ereditario. Gli succedette il figlio Gregorio III (864-870), al cui fratello Atanasio, vescovo della città, si deve se questa non fu distrutta dall'imperatore Ludovico II, quando scese nell'Italia meridionale contro i Saraceni. Sergio II (870-877) parteggiò per i Longobardi e i Saraceni, così che il fratello Atanasio II, vescovo di Napoli, per istigazione del papa Giovanni VIII, lo accecò mandandolo poi prigioniero a Roma. Ma divenuto duca lo stesso Atanasio, per timore dei Bizantini, si alleò con i Saraceni e fu perciò scomunicato. Riconciliatosi poi col papa e con l'aiuto dei Longobardi, riuscì a ridurre i musulmani sulle rive del Liri e del Garigliano. Di qui furono poi scacciati da Gregorio IV (898-915), che si avvalse dell'aiuto dei Capuani, dei Bizantini e degli Amalfitani. Con i duchi successivi iniziò la decadenza: a Giovanni II (915-919) e Marino I (919-928) succedette Giovanni III (928-968) che acquisì benemerenze culturali, ma nel 955 si sottomise alle forze bizantine inviate ad assediare la città. Marino II (968-977) fu insignito dall'imperatore bizantino del titolo di “imperiale antipato e patrizio”: ma Sergio III (977-999) nel 981 fu costretto ad aprire la città a Ottone II di Sassonia; Sergio IV (1003-34), incautamente intervenuto nelle vicende del principato di Capua, fu costretto ad abbandonare la città a Pandolfo IV di Capua, favorito forse dagli stessi Napoletani malcontenti di lui. Ma, grazie al favore dell'imperatore Corrado II e alla banda di mercenari normanni di Rainulfo Drengot, recuperò il ducato (1030); i Napoletani tuttavia gli imposero, come condizione della sua restaurazione, un importante pactum (1030), che garantiva a tutti i cittadini: proprietà, libertà personale, libero commercio, rispetto degli stranieri, rinuncia a fare guerra, pace e alleanze “senza il consiglio della maggior parte dei nobili napoletani”. Rainulfo Drengot fu compensato con la cessione del feudo di Aversa, che divenne in breve una ben munita fortezza. I successivi duchi furono impegnati soprattutto a difendersi dai Normanni, che trovarono proprio in Aversa una testa di ponte per la successiva immigrazione degli Altavilla, i conquistatori di tutto il Mezzogiorno. Attaccata da Roberto il Guiscardo, Napoli conservò la sua indipendenza fino all'avvento di Ruggero II al regno di Sicilia, al quale il duca Sergio VII (ca. 1121-37), dopo aver resistito a due assedi, nel 1137 dovette cedere; gli fu poi leale vassallo fino alla morte. Il ducato entrò allora a far parte della monarchia normanna. I Napoletani dovettero consegnare al re le chiavi della città (1139) che poté tuttavia conservare i suoi antichi privilegi come soggetta all'alta sovranità dell'imperatore bizantino.

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