Opitz, Martin

scrittore tedesco (Bunzlau, Slesia, 1597-Danzica 1639). Membro della Fruchtbringende Gesellschaft, incoronato poeta e fatto nobile dall'imperatore Ferdinando II, fu in contatto con i maggiori rappresentanti della cultura europea e ricoprì varie cariche politiche. Nel 1636, dopo molti viaggi, si stabilì come storiografo di corte a Danzica, dove morì di peste. È il grande riformatore della letteratura tedesca in senso europeo: nel Buch der deutschen Poeterey (1624; Libro della poesia tedesca), reagendo alla condanna inflitta da Lutero alle arti, Opitz, agnostico e aconfessionale (nonostante la sua poesia religiosa), affermò in Germania la religione rinascimentale del “bello”, adeguò l'arretrata metrica tedesca a quella accentuativa moderna e diede, sulla scorta di Orazio, dello Scaligero e di Ronsard, precetti di purismo, ordine e classicistica chiarezza d'eloquio, scindendo in tal modo la lingua poetica in dotta e popolare, una scissione risanata solo con lo Sturm und Drang. Il classicismo stoicheggiante di Opitz resta infatti punto di riferimento del primo barocco tedesco e della prima scuola slesiana. Superato dalla poetica marinista, fu rivalutato e ristudiato dagli svizzeri Bodmer e Breitinger. All'enorme successo della Poeterey si affiancano l'Aristarchus (1617), trattato in difesa della lingua tedesca, nel quadro della querelle des anciens et des modernes in atto in Europa, i Teutsche Poemata (1624; Poesie tedesche), la rielaborazione della Dafne di Rinuccini, musicata da Schütz, alcuni poemetti didascalici, la tragedia Judith (1635). Divulgatore e traduttore infaticabile dal francese, italiano, inglese, olandese, Opitz contribuì alla sprovincializzazione della Germania e anticipò inoltre di un secolo l'interesse per le origini germaniche, riscoprendo e stampando l'Annolied (1639).

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