Pèa, Enrico

scrittore italiano (Seravezza, Lucca, 1881-Forte dei Marmi 1958). Orfano di padre, visse un'infanzia di stenti. Imbarcatosi come mozzo, si stabilì ad Alessandria d'Egitto, dove fondò la “Baracca rossa” e dove conobbe Ungaretti, che esercitò un influsso decisivo sulla sua formazione letteraria. Ritornato in Italia, si stabilì a Viareggio, dove si dedicò a un'intensa attività di impresario teatrale. Le prime opere di Pea (Fole, 1909; Montignoso, 1912; Lo spaventacchio, 1914), trasposizione lirica di vicende autobiografiche, conservano la grazia acerba delle pitture popolaresche, raggiungendo il miglior risultato con Moscardino (1922), rievocazione, in uno stile estroso, della sua infanzia e dell'iniziazione alla vita a opera del nonno, figura di patriarcale saggezza mista a sanguigna violenza, tra le più vive della narrativa contemporanea. Anche il romanzo successivo, Il volto santo (1924) ha come sfondo una Versilia primitiva, mentre nel Servitore del diavolo (1931) è rievocata l'esperienza movimentata dello scrittore in Egitto. La lirica esplosività di queste opere si attenua nello stile più pacato dei romanzi successivi (La figlioccia, 1931; Il forestiero, 1937; La maremmana, 1938), mentre diseguale è la restante produzione dello scrittore, che pur ha avuto esiti felici con i racconti de Il trenino dei sassi (1940), con le poesie di Arie bifolchine (1943) e con le memorie di Vita in Egitto (1949). Tra le altre opere si ricordano: Lisetta (1946), Malaria di guerra (1947), Peccati in piazza (1956).

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