Piccolòmini

nobile famiglia senese di cui le notizie più antiche risalgono al 1098 con un Martino di Piccolomo. Padrone del castello di val Montone che dominava uno dei tre colli da cui si sviluppò nei sec. XII e XIII la Siena medievale, ebbe anche palazzi e torri nel terziere di S. Martino e vasti possessi nella val d'Orcia dove, nel 1220, Federico II concedette a Enghelberto il feudo di Montertari. Potente in città per gli uffici pubblici ricoperti e i vasti legami consortili, la famiglia fu tra le prime a dedicarsi al commercio ed ebbe filiali a Genova, a Venezia, a Trieste, in Inghilterra, Austria e Germania. Di parte guelfa, dovette subire esili e confische durante il prevalere dei ghibellini, ma, rovesciatesi le sorti con le battaglie di Tagliacozzo e di Colle Val d'Elsa, i suoi membri poterono rientrare in città e furono tra i più accaniti persecutori degli avversari sconfitti. Divisasi dai tempi più antichi in molti rami, si raccolse in consorteria per volere di Pio II. Si ricordano oltre a Enea Silvio, papa col nome di Pio II, e Francesco, papa col nome di Pio III, Antonio, duca di Amalfi (Siena ?-Napoli 1493) e nipote di Pio II che combatté contro gli Angiò per Ferdinando I d'Aragona da cui ebbe le investiture del Ducato di Amalfi e di altri feudi. Alfonso, uomo politico senese (sec. XVI) nipote di Antonio che ricoprì più volte a Siena la carica di capitano del popolo (1529-30, 1531-41) da cui fu costretto a dimettersi per contrasti politici. Eletto nuovamente nel 1545, il veto imperiale gli impedì di accettare l'ufficio per cui, abbandonata la vita pubblica, si ritirò nell'isola di Nisida presso Pozzuoli. Altri importanti membri furono Alfonso, duca di Montemarciano e Ottavio, duca d'Amalfi e principe dell'impero.

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