Plutóne (astronomia)

Indice

Descrizione generale

Fino al 2006 è stato considerato il più esterno tra i pianeti del sistema solare. Infatti, durante la Conferenza Internazionale di Praga del 24 agosto 2006, gli astronomi si sono ritenuti concordi nel "declassare" Plutone da pianeta a "pianeta nano", o pianetino (portando così il sistema solare a otto pianeti invece di nove). Trattandosi infatti di un pianeta "freddo", formato quasi esclusivamente da ghiaccio, è stato riconsiderato come uno tra i oggetti più grandi della Cintura di Kuiper, situata oltre Nettuno e formata dai numerosi corpi ghiacciati che potrebbero costituire i reperti più antichi del sistema solare. Plutone (simbolo ♇), è stato scoperto molto di recente (nel 1930) da C. W. Tombaugh nella posizione prevista, secondo calcoli rivelatisi poi errati, da P. Lowell. Il suo status di pianeta è stato a lungo dibattuto durante tutto il Novecento, a causa della sua composizione e delle sue caratteristiche dinamiche. Infatti dal gennaio del 1979 fino al 1999, l'orbita di Plutone ha incrociato quella di Nettuno facendo in modo che Plutone si mantenesse all'interno dell'orbita di Nettuno; questa circostanza, unica fra i corpi maggiori del sistema, aveva già indotto molti planetologi a ritenere che Plutone rappresentasse in realtà un antico satellite di Nettuno, sfuggito in passato per cause finora sconosciute. L'orbita di Plutone veniva considerata la più eccentrica di tutti i pianeti del sistema solare (eccentricità=0,250), il suo piano è estremamente inclinato rispetto all'eclittica (inclinazione=17º2´) e il suo asse di rotazione è disposto a più di 50º con il piano dell'orbita. La distanza media dal Sole è di ca. 5900×106 km, la massima è di ca. 7350×106 km, la minima è di 4450×106 km. Tutti i dati relativi al pianeta si sono mantenuti fortemente incerti fin dall'epoca della scoperta, allorché era previsto un astro gigante di 80.000 km di diametro, dotato di una massa almeno 7 volte quella terrestre. Con il trascorrere del tempo, le caratteristiche di Plutone sono andate ridimensionandosi in modo radicale. Nel 1955, G. Kuiper ne stimava le dimensioni in 6000 km circa, e la massa in 0,82 quella della Terra. Le misure effettuate dagli americani R. Ducombe e P. Seidelmann nel triennio 1968-71 abbassarono quest'ultimo valore a 0,18, e poi a 0,11. La scoperta di metano ghiacciato sulla superficie plutoniana, conseguita per via spettroscopica nel 1976 da D. Cruikshank presso l'Osservatorio delle Hawaii, costrinse a innalzare la stima del potere riflettente (albedo) di Plutone da 0,15 a 0,60 e, di conseguenza, a ridurne il diametro, in accordo anche a quanto l'analisi fotometrica di qualche occultazione stellare da parte del disco planetario sembrava suggerire: 2200 km. Plutone divenne così un astro insignificante, più modesto di Mercurio e della stessa Luna; un mondo che, con una gravità minore di 1/10 di quella terrestre e una temperatura superficiale aggirantesi sui -230 ºC, appariva ricoperto dalla coltre gelata della sua stessa atmosfera. L'accertamento di fluttuazioni fotometriche con un periodo di ripetitività pari a 6,387 giorni, oltre ad aver rivelato su Plutone la probabile presenza di formazioni a potere riflettente più basso (bacini di azoto liquido?), ne ha posto in evidenza uno stato di rotazione assiale svolgentesi con quel periodo. Nel giugno 1978, l'americano J. Christy dell'Osservatorio Navale degli Stati Uniti, nell'analizzare alcune immagini fotografiche del pianeta, notò la presenza di un satellite che successive osservazioni mostrarono esser posto in rivoluzione sincronica con la rotazione di Plutone su di un'orbita inclinata di 122º rispetto al piano di quella plutoniana. Il nuovo astro fu battezzato Caronte. Plutone e Caronte ruotano mantenendo costantemente affacciati i medesimi emisferi, e il sistema da essi formato appare rovesciato rispetto alla generalità dei pianeti. Le osservazioni sulla dinamica del sistema lasciano dedurre una massa complessiva pari a 2,4 millesimi di quella terrestre, della quale il solo Plutone se ne attribuirebbe 2,2.

Struttura e composizione

I modelli di struttura interna prevedono, al centro di Plutone, l'esistenza di un nucleo roccioso circondato da un mantello di ghiaccio, ricoperto a sua volta da una crosta di metano spessa 700 km. A partire dal 1985 – grazie alla favorevole posizione prospettica venutasi a determinare con la Terra – è iniziata una serie di transiti e di occultazioni reciproche fra il satellite e Plutone, protrattasi fino alla metà del 1990. Il fenomeno ha consentito l'acquisizione di importantissime cognizioni fisiche, mineralogiche e dinamiche nei riguardi dei due remotissimi e minuscoli corpi celesti; in particolare, il diametro equatoriale di Plutonesembra risultare soltanto doppio di quello del suo satellite. Differenti e diversificate sono le fonti d'osservazione che hanno consentito di trarre informazioni sull'atmosfera plutoniana. Oltre al telescopio spaziale Hubble e al satellite IRAS per l'infrarosso, sono stati mobilitati l'UKIRT sul Mauna Kea, il KAO (Kuiper Airborne Observatory), osservatorio astronomico volante, anch'esso attrezzato per le riprese in infrarosso, e tutta una rete di osservatori a terra che hanno seguito il pianeta nel corso di alcune occultazioni di stelle (particolarmente fruttuosa è risultata quella prodotta da Plutone nel 1988). L'insieme di queste ricerche, non soltanto ha consentito di stabilire in 2350 km il diametro di Plutone (1270 km quello di Caronte), ma anche di tracciare un modello strutturale approssimativo della sua atmosfera e del suo interno. L'involucro gassoso sembrerebbe suddiviso verticalmente da uno strato di aerosol prodotto dalla polimerizzazione di molecole del carbonio e di alcuni suoi composti, quali l'acido cianidrico HCN e l'etilene C₂H4. Lo strato si distenderebbe a 1200 km di quota, e le sostanze componenti verrebbero fornite dal suolo, estratte dall'azione fotolitica esercitata dalla pur debole irradiazione solare. Un altro composto chimico rinvenuto sulla superficie (grazie alle osservazioni spettroscopiche del moderno telescopio giapponese Subaru) è l'etano (C₂H6), che dovrebbe provenire dal metano in seguito all'azione della radiazione ultravioletta. Il modello (ipotetico) che riguarda l'interno del pianeta si basa sostanzialmente sulla stima delle abbondanze originarie delle sostanze più volatili (idrogeno, acqua, carbonio, silicati) che erano verosimilmente presenti – a quella distanza dal Sole – in seno alla nube preplanetaria. Queste cognizioni, una volta associate al valore della densità del pianeta (Plutone presenta una densità media di 2,05 g/cm3; Caronte di 1,83), della sua massa (un sesto della Luna e sette volte maggiore del proprio satellite), del suo periodo di rotazione (che si svolge in 6d 9h 17m in senso retrogrado), permettono di ipotizzare un quadro duplice per la composizione interna, basato comunque sulla suddivisione in tre regioni distinte. Una prima descrizione ricorre allo schema di un mantello di ghiaccio d'acqua diviso in due strati distinti (spesso 140 km quello superiore, 130 l'inferiore) in conseguenza del diverso stato molecolare che l'H₂O assumerebbe per effetto della compressione cui si trova sottoposto. Il restante corpo dell'astro consisterebbe in rocce silicatiche permeate d'acqua. La seconda versione chiama in causa un mantello costituito da un'unica sorta di ghiaccio spesso 250 km. Lo strato intermedio (spesso 100 km) conterrebbe composti del carbonio; mentre identica al modello precedente rimarrebbe la restante parte del pianeta. La presenza, in entrambi i modelli, di H₂O negli strati superiori (magari sotto la speciale forma di clatrati) viene spiegata mediante il ricorso a trascorsi meccanismi di risalita dell'acqua (liquida) attivati dal calore dissipato dalla radioattività naturale emanata dal nucleo roccioso centrale.

Il satellite

Anche per lo studio dei parametri orbitali dell'unico satellite di Plutone le occultazioni sono state decisive. È stato in tal modo possibile stabilire che il raggio di Caronte non supera i 635 km e che quello dell'orbita (la cui eccentricità non è rilevabile) è di 19.640 km. La massa raggiunge appena i 2,4 centesimi di quella della Luna; tuttavia l'alto rapporto con la massa di Plutone (1 a 7, il più elevato che si riscontri fra i corpi maggiori del sistema solare) rende la coppia Plutone-Caronte piuttosto simile a un pianeta doppio, alla stregua degli asteroidi Toutatis e Ida. La minore densità media di Caronte indica che la consistenza della luna plutoniana deve essere alquanto diversa da quella del pianeta-madre. Intanto, la superficie del minuscolo astro risulta meno riflettente e più blu, e ciò lascia supporre che essa è in gran parte ricoperta di ghiaccio H₂O, seppur misto a composti non ben identificati presenti in limitate aree di color grigio. I dati spettroscopici del Subaru hanno confermato la presenza di acqua e l'assenza di azoto e degli idrocarburi che costituiscono il corpo principale del sistema. Tenendo conto delle differenze che contraddistinguono Plutone dal proprio satellite, emergono pertanto alcuni gravi dubbi circa l'ipotesi di una loro presunta origine comune. Non va dimenticato che in un recente passato ha trovato credito una tesi abbastanza ardita, e cioè che Plutone, lungi dall'essersi formato a conclusione di processi aggregativi autonomi, fosse in realtà un antico satellite di Nettuno, dal cui campo gravitazionale venne estromesso nel cataclisma dinamico che si suppone sia seguito quando lo stesso Nettuno si trovò a catturare Tritone, il suo satellite più cospicuo, sottraendolo allo sciame dei corpi ghiacciati che si aggirano entro le cinture di Kuiper. Va peraltro menzionata una visione ancor più attuale nella quale Plutone – più che un vero pianeta o un satellite sfuggito a Nettuno – viene considerato addirittura membro originario (fra i maggiori) di quelle cinture. Tale possibilità cambierebbe gli scenari relativi alla formazione del sistema solare, soprattutto tenendo conto delle differenze tra Plutone e gli altri pianeti esterni. Nel corso del tempo, il piccolo astro si sarebbe trovato coinvolto in collisione radente con un altro asteroide dello sciame (del diametro di un migliaio di km), in conseguenza della quale sarebbe stato sbalzato nell'orbita attuale, tipica per la forte eccentricità e inclinazione. Parte dei frammenti del corpo collidente – mescolati a quelli proiettati da Plutone – sarebbero rimasti imprigionati nel campo gravitazionale di quest'ultimo ove, nel corso dei successivi 10 milioni di anni, avrebbero finito per aggregarsi a formare Caronte . Nel gennaio del 2006 la NASA ha lanciato la sonda New Horizons, il cui incontro con Plutone è previsto per il 2015. Durante il sorvolo verranno scattate fotografie, il cui esame consentirà di approfondire le conoscenze relative al pianeta nano..

Bibliografia

C. W. Tombaugh, The Trans-Neptunian Planet Search, in G. P. Kuiper e B. M. Middlehurst, “Planets and Satellites”, vol. III, Chicago, 1961; I. Halliday e altri, An Upper Limit for the Diameter of Pluto, Publs. Astr. Soc. Pacif., 78, 113-129, 1966; R. Baum, The Planets, Londra, 1973; F. Mocco, Plutone con effemeridi dal 1582 al 2020, Torino, 1991.

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