Sciòa

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Geografia

Regione (85.316 km2; 10.714.000 ab.; capoluogo. Addis Abeba) dell'Etiopiacentrale, limitata a E dal fiume Auasc, a NW dal Nilo Azzurro, a SW dall'Omo e a SE dalla fossa occupata dai laghi Ziway, Abiyata, Shala e Langano. Il territorio, che comprende un vasto settore dell'Acrocoro Etiopico, è prevalentemente montuoso (monte Abuia Mieda, 4000 m). La popolazione, composta di Amharici e Galla, è dedita all'agricoltura (cereali, legumi, caffè), all'allevamento e allo sfruttamento del bosco; le industrie sono totalmente concentrate nel capoluogo, oltre al quale centri importanti sono Ankober, Debra Berhan, Adama e Auasc. In amharico, Shewa (o Sawa).

Storia

Originariamente abitato da popolazioni camitiche, cui si sovrapposero poi gruppi semitici provenienti dal Tigrè e dall'Amhara, lo Scioa fu la regione da cui trasse origine verso la fine del sec. XIII la dinastia salomonide affermatasi su tutta l'Etiopia. Iniziò la sua conversione al cristianesimo verso la fine di detto secolo a opera del santo Takla-Haimanot, fondatore di un convento, divenuto successivamente celebre col nome di Debra Libanòs. Località scioane furono sede nei sec. XIV e XV della corte degli imperatori etiopici, che si spostavano con frequenza a causa delle campagne contro i vicini regni musulmani, alcuni dei quali furono da essi conquistati. Nella prima metà del sec. XVI anche lo Scioa fu travolto dalla tremenda invasione musulmana di Aḥmad al-Ghāzī, che fu sul punto di far crollare l'intero impero. Verso la fine del secolo, scomparsa la minaccia musulmana, lo Scioa fu teatro dell'invasione dei Galla, genti pagane provenienti dalla Somalia, e cominciò a cambiare profondamente i suoi caratteri culturali, trasformandosi in molte zone da Paese cristiano in Paese pagano o musulmano. Trasferitasi la sede imperiale a Gondar, un ramo della dinastia rimase dominante nello Scioa con poteri feudali, riuscendo a imporsi agli stessi Galla. Alla fine del sec. XVII l'imperatore riconobbe ufficialmente il capo amhara Negasì quale capo dello Scioa. I successori di Negasì si posero a combattere con grande impegno i Galla dentro e fuori i confini del regno, che ampliarono notevolmente verso est e nord-est. Nel contempo, approfittando della decadenza dei negus neghesti, divenuti strumento della rivalità tra gruppi di pretoriani, i capi dello Scioa mirarono ad affermare la propria indipendenza. Uasan Seghed si autoattribuì agli inizi del sec. XIX il titolo di ras e concepì persino il piano di impadronirsi di Gondar; il suo successore Sahla Selassiè (m. 1847) assunse il titolo di “negus dello Scioa, dell'Ifat e dei Galla”, considerandosi talmente indipendente da Gondar da stipulare trattati con inviati della Gran Bretagna (1841) e della Francia (1843). A Sahla Selassiè succedette il figlio Hāyla Malakōt (1847-55), che morì proprio nell'anno in cui saliva sul trono imperiale Teodoro II (1855-68). Questi, usando un pugno di ferro, riaffermò l'autorità del negus neghesti su tutte le province dell'impero. Tra l'altro, prese come ostaggio e portò alla sua corte il figlio di Hāyla Malakōt, il futuro Menelik II. Questi riuscì a fuggire dopo dieci anni di prigionia (1865) e riprese il governo dello Scioa. Menelik II accentuò la politica di apertura e rapporti diretti con le potenze europee, specie con l'Italia, ed entrò in urto con l'imperatore Giovanni IV (1872-89). Caduto questi in combattimento contro i musulmani del Sudan, Menelik II, grazie anche all'appoggio dell'Italia, diventò da negus dello Scioa negus neghesti d'Etiopia (1889). Da quel momento la storia dello Scioa coincide con quella dell'Etiopia.

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