Stifter, Adalbert

scrittore e pittore austriaco (Oberplau, Selva Boema, 1805-Linz 1868). Figlio di un linaiolo, studiò all'Università di Vienna senza laurearsi e fece il precettore in case di nobili, tra i quali il principe di Metternich, e infine l'ispettore scolastico. Una malattia incurabile lo indusse al suicidio. È uno dei maggiori narratori del realismo poetico, tra i fondatori del mito asburgico e forse il più struggente cantore dello strapaese mitteleuropeo. Già la prima prova narrativa, il racconto Der Kondor (1840; Il condor), che seguì a una esperienza pittorica, gli valse l'amicizia di A. Grün, N. Lenau e F. Grillparzer, ma il meglio della sua arte è racchiuso nella raccolta Bunte Steine (1853; Pietre variopinte), nella cui famosa prefazione egli manifesta già il suo credo nella grandezza delle cose apparentemente piccole, nelle bellezze quotidiane della natura, nelle virtù silenziose che garantiscono la continuità della tradizione dei padri, assimilando la vita umana a quella perfetta delle pietre, in seno a quella ch'egli chiama la “dolce legge” e lontano dal “demone dell'azione”. Patriarcale, di una religiosità ambigua, formalmente cattolica e intimamente pagana, Stifter fu autore di numerosi racconti che, usciti inizialmente tra il 1844 e il 1850 su varie riviste letterarie, furono pubblicati in sei volumi con il titolo di Studien. Con il romanzo Der Nachsommer (1857; L'estate di San Martino), Stifter si ricollega alla tradizione tedesca del Bildungsroman narrando la vicenda di un matrimonio tra i figli di un uomo e di una donna che un tempo si erano amati e che in seguito ritrovano la felicità nel tepore del declino e nel ricordo della passione. La stifteriana rinuncia alle passioni e ad agire sulla storia e sul presente culmina nel romanzo storico Witiko (1865-67), ambientato nella Boemia del Trecento, dove un popolo unito si stringe intorno al suo integerrimo condottiero. Autore discusso, specie per i romanzi, dove scade talvolta in ritmi lenti e prolissi (salvo che nelle visioni della natura), Stifter fu chiamato sofistico e filisteo da G. Keller, esaltato da F. W. Nietzsche, stroncato da F. Hebbel, poi di nuovo esaltato da H. Bahr. Oggi è tuttavia riconosciuto grande maestro in singoli racconti, quali per esempio Bergkristall (1845; Cristallo di rocca) e Der Hagestolz (1844; Lo scapolo), il cui protagonista, solitario e prossimo alla vecchiaia, ma ancora aperto agli affetti, è figura esemplare degli umori intimisti e antifaustiani dell'età della Restaurazione.

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