Stroheim, Erich von-

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regista austriaco del cinema statunitense, attore del cinema statunitense ed europeo (Vienna 1885-Maurepas, Seine-et-Oise, 1957). Di famiglia modesta e soldato semplice, recitò nella vita e nell'arte il gelido ufficiale aristocratico, “l'uomo che amate odiare” come lo definì la pubblicità americana. Ma fu genio del cinema, cresciuto alla scuola di D. Griffith, terrore dei produttori (che lo ammiravano e ostacolavano insieme), un autore completo come C. Chaplin che portò sullo schermo il romanzo psicologico e il realismo sociale, precedendo i tempi con un'audacia e un rigore che gli costarono la mutilazione delle sue opere migliori e l'ostracismo dagli studios. Già attore, assistente, consulente militare, sceneggiatore e scenografo, si presentò con una trilogia sull'adulterio ambientata in Europa: Blind Husbands (1919; Mariti ciechi), The devil's passkey (1920; Il grimaldello del diavolo) e soprattutto Foolish wives (1922; Femmine folli), che non soltanto descriveva il marciume della bella società del vecchio continente, ma profanava il moralismo del nuovo. Successivamente con Greed (1923-24) affrontò il tema della brama di denaro e ambientò nel cuore del continente americano il tema dell'odio: ne uscì un classico maledetto, uno dei più grandi film del mondo (fu infatti considerato tale alla Confrontation di Bruxelles del 1958) che nella sua integrità non poté mai essere conosciuto, ma ciò che ne rimane onora ampiamente quel giudizio. Con The merry widow (1925; La vedova allegra), pur lavorando su commissione, realizzò quel che gli era stato impedito precedentemente, e il successo commerciale che ottenne gli permise di andare ben oltre in The wedding march (1927-28; Sinfonia nuziale). I frammenti che restano di Queen Kelly (1928) e le testimonianze su Walking Down Broadway (1932-33) sono ulteriori testimonianze di ciò che Stroheim poteva dare, ma ormai egli era il capro espiatorio di Hollywood e per il resto della sua vita non poté più fare un film. Continuò a fare l'attore, negli USA e in Europa, eccellendo in film spesso mediocri. Alcune interpretazioni vanno ricordate: da The great Gabbo (1929) a Danse de mort (1946) da A. Strindberg, girato a Milano, dove in qualche modo gli fu permesso di incidere sul personaggio, e soprattutto La grande illusion (1937; La grande illusione), del suo fervido allievo J. Renoir, dove l'invalido colonnello Von Rauffenstein è una creatura interamente stroheimiana, così com'è stroheimiano il funereo maggiordomo-autista di G. Swanson (la sua Queen Kelly) in Sunset Boulevard (1950; Viale del tramonto) di B. Wilder.

P. Noble, Hollywood Scapegoat - Fuggiasco da Hollywood, Milano, 1964; E. Bruno, Espressione e ragione in Stroheim, Roma, 1966; F. Buache, Erich von Stroheim, Parigi, 1972; A. Cappabianca, Erich von Stroheim, Firenze, 1979.

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