Strindberg, Johan August

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scrittore e drammaturgo svedese (Stoccolma 1849-1912). Sofferente fin dall'infanzia di un complesso derivantegli dal fatto che il padre aveva sposato la propria serva (da qui la narrazione autobiografica Il figlio della serva, 1886), concepì una cupa misoginia, alimentata da tre matrimoni falliti. Il tema del conflitto tra i sessi fu al centro dell'opera di Strindberg e del suo pessimismo. Prima di dedicarsi alla letteratura alternò studi diversi e disparati mestieri. La sua ribollente insoddisfazione e la sua inguaribile irrequietezza lo spinsero a vagabondare per l'Europa e a coltivare ogni sorta di interessi ideologici e spirituali, dal pietismo all'ateismo, dal superomismo nietzschiano all'alchimia, alle scienze occulte e a quelle naturali, dalla teosofia (E. Swedenborg) a un cattolicesimo colorato di superstizione. Da questo riapprodò al pensiero protestante e a un socialismo già abbracciato in chiave anarchica e che gli valse l'adesione, e l'omaggio quando morì, del proletariato. Vita e opera sono in Strindberg strettamente legate. Nella seconda la saggistica e la polemica di vario contenuto convivono con l'autobiografismo e con la lirica, con la narrativa e con la produzione teatrale. La prima raccolta di Poesie è del 1883. Tra i numerosi volumi autobiografici, oltre a quello già citato, si ricordano Plaidoyer d'un fou (1887-88; Autodifesa di un pazzo) ed Enfer (1897; Inferno), ambedue scritti, originariamente, in francese. Importanti sono anche i romanzi e le novelle, dove domina una concezione della vita come lotta, nella quale sono destinati a prevalere non i principi morali, ma la legge del più forte. Famoso tra i romanzi è La stanza rossa (1879), che appartiene al periodo in cui Strindberg fu più vicino al naturalismo francese e dove egli satireggiò la società svedese contemporanea. Più maturo è Gli abitanti di Hemsö (1887), sulla vita degli isolani del Nord. Animati da spirito polemico e antitradizionalistico sono Stanze gotiche (1904) e Bandiere nere (1904). Tra le raccolte di novelle, Vita degli abitanti dell'arcipelago (1888) si ricollega a Gli abitanti di Hemsö. Ma la fama di Strindberg è affidata soprattutto al teatro. Non tanto per i drammi storici come Gustav Vasa (1899) quanto per l'acre naturalismo de Il padre (1887); della celebre La signorina Giulia (1888), dove una volta tanto la sconfitta, nell'inesausta lotta tra i sessi, spetta alla donna, come rappresentante di una classe sociale in decadenza; di Danza macabra (1901), dove il matrimonio è visto più che mai come inferno. In questo dramma tuttavia la realtà è in certa misura trascesa in una visione allucinata e allucinante. Il mondo scenico di Strindberg va infatti ben oltre il naturalismo di partenza. Così nei drammi riflettenti il suo momento mistico, tra cui si ricordano Avvento (1898) e la trilogia Verso Damasco (1898), così in Il sogno (1902), dove Strindberg infrange convenzioni spaziotemporali ed evoca forme onirico-fiabesche. La sua attività culminò nella fondazione dell'Intima Teater, un teatro da camera dove Strindberg presentò opere tra le sue più alte e inquietanti: Lampi, L'incendio, La sonata dei fantasmi, Il pellicano. Considerato “padre” dell'espressionismo, aperto a richiami simbolistici, Strindberg ha influenzato l'avanguardia novecentesca e ha avuto sul piano critico e su quello della prassi scenica un nuovo rilancio in epoca moderna. Si è parlato di lui perfino come di una tra le fonti di ispirazione della tecnica drammaturgica “epica”. Certo è che la sua innovatrice concezione strutturale del testo (in senso “frammentistico”) e il suo irrazionalismo visionario e angoscioso hanno suscitato profonda e ampia suggestione.

M. Lamm, August Strindberg, Stoccolma, 1940-42; A. Pellegrini, Il poeta del nichilismo: Strindberg, Milano, 1944; A. Adamov, August Strindberg, Parigi, 1955; B. Mortensen, B. Downs, Strindberg: an Introduction to His Life and Work, Londra, 1965; K. Jasper, Genio e follia, Milano, 1990.

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