Unamuno, Miguel de-

scrittore e pensatore spagnolo (Bilbao 1864-Salamanca 1936). Saggista, poeta, narratore e drammaturgo, è il massimo esponente della “generazione del '98”. Di famiglia basca, trascorse l'infanzia e l'adolescenza nella natia Bilbao, il cui assedio e bombardamento da parte dei carlisti (1874) descrisse nel romanzo Paz en la guerra (1897; Pace nella guerra), dove, meglio che in De mi país (1903) e Recuerdos de niñez y de mocedad (1908; Ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza), rivivono gli anni più giovanili di Unamuno. Nel 1884 si laureò in lettere e filosofia a Madrid; nel 1891 ottenne la cattedra di greco all'Università di Salamanca e sposò Concha Lizárraga, sua inseparabile compagna per tutta la vita; nel 1901 divenne rettore dell'ateneo di Salamanca, carica da cui fu destituito nel 1914 a causa della sua campagna contro Alfonso XIII e delle sue polemiche contro la vecchia Spagna delle apparenze e delle tradizioni morte, contro i miti della cultura borghese incapace di rispondere all'interrogativo sul senso della vita e della morte (del nacer y del desnacer). L'avvento di Primo de Rivera (1923) gli valse l'esilio a Fuerteventura (1924), isola da cui fuggì con l'aiuto di J. Cassou per riparare in Francia, dove rimase fino alla caduta del dittatore (1930). Tornato in patria, riprese il suo incarico di rettore, ma, allo scoppio della guerra civile, fu destituito dal governo repubblicano per alcune sue dichiarazioni contro il “sovversivismo”; riconfermato dal governo franchista fu definitivamente destituito per aver pronunciato un discorso contro il fanatismo dei falangisti. Inquieto e intransigente, individualista e anticonformista, discepolo di Sanz del Río e della scuola krausista spagnola, ma più profondamente influenzato da Kierkegaard e da Nietzsche, professò una sorta di esistenzialismo cristiano, giudicato eterodosso dai cattolici di stretta osservanza, ed espresse la sua concezione “agonica” e il suo “sentimento tragico della vita” in una produzione eclettica ma di eccezionale coerenza ideale e stilistica. Punto di partenza del pensiero di Unamuno è il desiderio di sopravvivere alla morte: il suo io ha “fame” di immortalità e di infinità e, tuttavia, rivendica la propria concreata individualità. La ragione afferma che ciò è impossibile, ma l'ansia vitale di sopravvivenza lo ritiene invece possibile: dall'inconciliabilità tra ragione e fede nascono la concezione agonica (di agonia intesa come lotta) e il sentimento tragico della vita. La fede per Unamuno è innanzitutto volontà di credere in Dio, che dà l'immortalità. L'esistenzialismo unamuniano è sviluppato in una serie di saggi, tra cui En torno al casticismo (1895; Intorno al tradizionalismo), dove è considerato il problema della decadenza e dell'isolamento secolare della Spagna; La vida es sueño (1898); Vida de Don Quijote y Sancho (1905), appassionato e personalissimo commento al capolavoro di Cervantes in cui è enunciata la teoria unamuniana del personaggio, reale quanto o più dell'autore; Mi religión y otros ensayos breves (1910); Soliloquios y conversaciones (1911); Contra esto y aquello (1912); Del sentimiento trágico de la vida en los hombres y los pueblos (1913), la sua opera più appassionata e importante dal punto di vista ideologico; La agonía del Cristianismo (1925), uno dei culmini della vicenda unamuniana; Come se hace una novela (1927; Come si fa un romanzo). Impressioni di viaggi e di paesaggi, sempre però interiorizzate, sono raccolte in Paisajes (1902), Por tierras de Portugal y de España (1911), Andanzas y visiones españolas (1922), Paisajes del alma (postumo, 1944), De esto y de aquello (postumo, 1954). Grande importanza hanno i libri di esplicita intenzione creativa e letteraria, dove l'impegno etico, filosofico, religioso è peraltro predominante, tanto da sovvertire i limiti del singolo genere letterario. Come narratore, dopo il romanzo Paz en la guerra, di tecnica apparentemente realistica e di contenuto apertamente autobiografico, anticipò gli esistenzialisti in opere brevi ed essenziali i cui problematici personaggi, distaccati dall'ambiente e scavati dall'interno, incarnano aspetti diversi del sentimento tragico della vita e rinserrano il segreto della propria realtà, che a volte essi stessi ignorano, e la loro personalità si dissolve nelle apparenze. Così nei racconti di El espejo de la muerte (1913) e Tres novelas ejemplares (1920), nei romanzi Niebla (1914; Nebbia), Abel Sánchez (1917), La tía Tula (1921), San Manuel Bueno mártir (1933), mentre su un piano diverso e inferiore si colloca il romanzo satirico Amor y pedagogía (1902). Interessante è anche il teatro, pur se più adatto alla lettura che alla rappresentazione, in cui Unamuno porta gli stessi problemi: Fedra (1910), Raquel encadenada (1911), Soledad (1921; Solitudine), Sombras de sueño (1930; Ombre di sogno), El otro (1932; L'altro), El hermano Juan o El mundo es teatro (1934), La esfinge (1934) e la mirabile versione (1933) della Medea di Seneca. Un'attenzione sempre maggiore viene rivolta alla poesia di Unamuno, lirico isolato e personalissimo, ai margini delle esperienze europee: Poesías (1907), Rosario de sonetos líricos (1911), il poema El Cristo de Velázquez (1920), Teresa (1923), Rimas de dentro (1923), De Fuerteventura a París (1925), Romancero del destierro (1928; Romancero dell'esilio), Cancionero, diario poético (postumo, 1953), Cinquenta poesías inéditas 1899-1927 (postumo, 1958).

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