affezióne

Indice

Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino affectíonis].

1) Propr., modificazione fisica o psichica; moto o disposizione dell'animo, sentimento: “varie affezioni che le si dipingevan sul viso” (Manzoni).

2) Comunemente, benevola inclinazione dell'animo, affetto, attaccamento: è legato a noi da lunga affezione; prezzo d'affezione, maggiorato in relazione al valore affettivo dell'oggetto.

3) In medicina, qualsiasi condizione morbosa o stato di malattia indipendentemente dalle cause che l'hanno generata. In particolare, affezione celiaca, sinonimo di infantilismo intestinale.

4) In psicanalisi: affezione mascherata, meccanismo di difesa attraverso cui un individuo che prova inconsciamente ostilità verso un'altra persona, manifesta verso essa sentimenti positivi.

Filosofia

L'accezione filosofica di affezione trova la propria radice nel termine aristotelico páthos, passione. Esso può significare genericamente ciò che si oppone a èrgon, azione (De Anima, Γ 2, 426a 2); oppure una modificazione o carattere sopravvenienti a una sostanza, come l'essere musico o l'essere bianco per l'uomo (Metaphisica, Δ 7, 1049a 29,30). Indica inoltre le perturbazioni o passioni dell'anima (Rhetorica, Β 8, 1385b 34). L'una o l'altra di queste accezioni si ritrovano nella filosofia posteriore. A partire da Cartesio l'affezione è connessa soprattutto alla passività del soggetto di fronte a modificazioni provenienti dall'esterno. Kant vede nell'affezione la fonte delle nostre conoscenze sugli oggetti: in opposizione alla conoscenza creativa di un essere infinito, gli oggetti sono dati a noi solo in quanto siamo “affetti”, li riceviamo cioè passivamente attraverso la sensibilità (Critica della Ragion pura, Analitica trascendentale, 24).

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