agopuntura

sf. [ago+puntura]. Pratica terapeutica di antichissima origine, già in uso nella medicina cinese nel 2700 a. C., che consiste nell'introduzione di aghi, di lunghezza, diametro, forma della punta e materiali diversi, in determinati punti del corpo. Gli aghi originali sono un'accoppiata di rame e ferro capace di generare una tenue corrente elettrica che aumenta con il calore; palline di artemisia aromatica e a lenta combustione possono essere accese all'estremità libera dell'ago infisso. I concetti fondamentali dell'agopuntura sono quelli di energia e di equilibrio energetico, da cui dipende la salute dell'organismo. La malattia è intesa come perturbamento di tale equilibrio, consistente in un'alterazione dei rapporti fra i due aspetti fondamentali nei quali si esprime l'energia e che costituiscono anche tutta la realtà in cui l'uomo vive. I Cinesi li chiamano yin e yang: sono due forze di segno opposto dalla cui interazione scaturiscono tutti gli aspetti della vita. L'agopuntura si è ormai largamente diffusa nel mondo occidentale e questo ha comportato in molti casi la modificazione sia della tecnica sia dell'impostazione teorica rispetto all'agopuntura classica praticata in Cina. In Occidente, l'indicazione principale dell'agopuntura è la cura del dolore e di alcune malattie psicosomatiche, dell'ansia, di alcune nevrosi e dell'insonnia. Un impiego dell'agopuntura riguarda le tecniche di anestesia e analgesia. Quanto al meccanismo d'azione, non ancora tuttavia ben compreso, sembra che l'agopuntura agisca stimolando la secrezione a livello cerebrale di mediatori chimici, quali le endorfine, che a loro volta attivano o inibiscono determinati sistemi neuronali.

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