appercezióne

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sf. [sec. XVIII; da a-+percezione].

1) In generale, la coscienza delle proprie percezioni, cioè la riflessione, che sta alla base degli atti conoscitivi. In questo senso è intesa da Cartesio e da Leibniz. Kant riprende il concetto leibniziano di appercezione e distingue l'appercezione empirica, l'atto per mezzo del quale le rappresentazioni sono presenti al soggetto, dall'appercezione trascendentale, l'atto per mezzo del quale il soggetto è cosciente della sintesi unitaria e oggettiva delle rappresentazioni stesse.

2) In psicologia, il termine, utilizzato in passato con diversi significati da vari autori, è caduto in disuso. Abitualmente si intendeva per appercezione la coscienza vivida e chiara di un oggetto, raggiunta attraverso un processo di percezione e attenzione. Particolarmente importante per la psicologia dell'educazione il concetto di appercezione di Herbart, sviluppato nella prima metà del sec. XIX. Secondo questo autore, l'appercezione è il processo attraverso cui le idee che sorgono alla coscienza possono esistere solo se entrano a far parte del complesso di tutte le idee consce (massa appercettiva).

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