armonìa (musica)

Indice

Definizione

Presso gli antichi Greci, una successione di suoni, propriamente una successione di ottava o un modo; modernamente, disciplina che studia la formazione e la concatenazione degli accordi sotto un profilo teorico, storico, normativo.

Cenni storici

Nello sviluppo della musica occidentale lo studio delle funzioni armoniche e il loro sfruttamento nella prassi compositiva sono un fenomeno relativamente recente e comunque posteriore a quello del contrappunto. Nonostante il largo uso di strutture accordali nella musica dei sec. XV e XVI, che vide, tra l'altro, la nascita del basso continuo, solo con il definitivo affermarsi della tonalità, nel sec. XVIII, l'armonia poté conoscere una solida fondazione e un sistematico sviluppo: con la determinazione di un preciso centro tonale era infatti possibile determinare un'esatta gerarchia tra gli accordi e stabilire razionali relazioni tra le diverse tonalità (vedi modulazione). A partire dal sec. XVI, quando G. Zarlino riportò il processo di generazione degli accordi al fenomeno dei suoni armonici, ponendo le basi per una giustificazione fisico-naturale dell'armonia, poi ripresa ed elaborata nel sec. XVIII, due fenomeni principali contraddistinsero lo sviluppo delle funzioni armoniche: l'uso di accordi sempre più complessi, ottenuti sovrapponendo successivamente intervalli di terza all'accordo perfetto, e il progressivo ampliamento e raffinamento dei processi modulanti. Così, mentre nei sec. XVI-XVII vennero utilizzati di preferenza accordi perfetti e i loro primi rivolti in successioni ancora legate a sequenze modali, che tuttavia non escludevano audaci combinazioni cromatiche, nel sec. XVIII il vocabolario compositivo accolse usualmente gli accordi di settima allo stato naturale e rivoltato, gli accordi alterati (settima diminuita, sesta napoletana), così come l'enarmonia. All'interno della scala il primo, il quarto, il quinto grado acquistarono la funzione di perni della tonalità; il sistema temperato sanzionò l'equiparazione di tutte le tonalità. Nel corso del sec. XIX l'armonia conobbe il periodo di maggior sviluppo attraverso la progressiva utilizzazione di accordi di grande estensione (di nona, di undicesima, di tredicesima, l'accordo più ampio ottenibile all'interno del sistema tonale) e di frequentissime alterazioni cromatiche, evitando chiare e univoche cadenze tonali, fondendo spesso i modi maggiore e minore, ricorrendo a scale mutuate dal folclore o da altre civiltà musicali. Le premesse per un superamento del sistema armonico tradizionale implicite alla musica tardo-romantica e alle esperienze compositive del primo Novecento (accordi paralleli, accordi per quarte, politonalità, polimodalità), sono state portate alle estreme conseguenze attraverso l'atonalità e la dodecafonia che, postulando un libero uso delle funzioni armoniche o subordinandole ad altri parametri del linguaggio, ne hanno radicalmente mutato le caratteristiche e il significato. Nel jazz e musiche derivate l'armonia tonale classica è presente in forme modificate, ed è sfociata fin dagli anni Cinquanta del sec. XX in un complesso sistema modale (Lydian Chromatic Concept) o nell'atonalità.

A. Schönberg, Harmonielehre, Vienna, 1911 (trad. it., Milano, 1963); R. Vlad, Storia della dodecafonia, Milano, 1958; V. Persichetti, Twentieth Century Harmony. Creative Aspects and Practice, Londra, 1962; D. De La Molte, Manuale di armonia, Casellina di Scandicci, 1988.

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