Musica: storia

La storia del canto può essere tracciata, per la musica occidentale, solo a partire dalle prime manifestazioni note del canto cristiano liturgico (vedi anche gregoriano) in cui risulta già testimoniata la presenza di abbellimenti, di una vocalizzazione sobriamente ornata. Il canto liturgico influenzò quello monodico profano (di trovatori, trovieri, Minnesänger, ecc.). In età rinascimentale predominò il canto polifonico; possediamo preziose indicazioni sul suo stile e sulla sua prassi esecutiva, ma esse diventano oggetto di più sistematica ed esauriente trattazione solo agli inizi del sec. XVII, con l'affermarsi definitivo della monodia e dei generi a essa legati (cantata, oratorio, melodramma) e con il preciso delinearsi della figura del cantante virtuoso, spesso anche compositore, come G. Caccini cui si devono alcune delle prime e più interessanti testimonianze sul canto del tempo. L'affermazione del “recitar cantando” e la ricerca di un'aderenza al testo non esclusero il gusto per gli abbellimenti e per l'ornamentazione improvvisata, che assunse una netta prevalenza nell'evoluzione dell'opera, dando origine, con il contributo determinante dei castrati, al “bel canto” settecentesco. Nei primi decenni del sec. XIX si affermò gradualmente uno stile vocale diverso, la cui ricerca di valori drammatici – che non va però confusa con l'affermarsi di un canto violento e sfogato, di realistica immediatezza, quale si diffuse in Italia alla fine dell'Ottocento con il “verismo” – determinò l'estinguersi del gusto belcantistico. Soprattutto nel sec. XIX lo stile di canto presentò aspetti diversi in Francia, Germania e Italia. Nel Novecento il canto si è arricchito di tecniche non tradizionali, come lo Sprechgesang di Schönberg o le esplorazioni di inedite possibilità della voce compiute dalle avanguardie. Nelle esecuzioni attuali di composizioni dei sec. XVII e XVIII e del primo Ottocento si assiste a un ritorno alle tecniche belcantistiche al fine di una loro riproposta storicamente attendibile, al di là del condizionamento del gusto verista, sensibile soprattutto in Italia.

Musica: canto fermo (cantus firmus)

Nome dato al canto gregoriano nel tempo in cui, perduta l'originaria varietà ritmica, questo veniva eseguito con andamento solenne e valori ritmici quasi tutti uguali. Canto fermo è contemporaneamente il nome dato al disegno melodico che serve da base a una costruzione contrappuntistica e viene generalmente presentato in valori lunghi e uguali. La coincidenza dei due significati non è casuale: dal sec. XII per gran parte della storia della polifonia le melodie gregoriane sono servite come fonte per il canto fermo. La tecnica di composizione su canto fermo è infatti uno degli aspetti fondamentali della storia della polifonia e ha conosciuto grande varietà di applicazione (vedi anche tenor).

Musica: canto fratto (cantus fractus)

Nome dato in epoca medievale alla musica avente definiti valori ritmici: quindi alla musica polifonica, che diversamente da quella monodica esigeva, perché le voci procedessero ordinatamente, valori precisi. È detto anche cantus figuralis, figuratus, mensuratus: figurae sono infatti i valori ritmici, che possono essere divisi in elementi di diversa durata. Il canto fratto veniva contrapposto al cantus planus o choralis che indicava il canto monodico liturgico.

Musica: canto piano (cantus planus)

Nome dato al canto gregoriano a partire dal sec. XIII ca., in contrapposizione al canto polifonico detto fractus o mensuratus. È probabile che il nome sia derivato dall'omogeneità ritmica del canto gregoriano seguita alla perdita del duttile e delicato ritmo originario, che non poteva trovare precisa fissazione grafica. § Per canto corale e canto popolare, vedi, rispettivamente, coro e popolare.

Pedagogia

Già nel pensiero platonico si afferma il valore educativo del canto; nella storia della pedagogia, tale valore viene variamente ribadito: dagli educatori della Riforma, fra cui Lutero, dai quali il canto, considerato disciplina altamente educativa, fu introdotto nelle scuole per il popolo, alla riforma Gentile (1923) nella quale l'insegnamento della musica e del canto venne strutturato in un programma di educazione teorica e pratica, fino a R. Agazzi che nell'Abbicì del canto educativo espone le sue teorie in proposito considerando l'attività del canto inserita, insieme alla lingua e alla recitazione, in un unico processo espressivo che l'insegnante deve stimolare e guidare. Insieme alla musica in genere, il canto è determinante nella creazione di un ambiente di “scuola serena”, quale la scuola attiva e le prospettive di una scuola permanente richiedono. Dal punto di vista strettamente didattico, il canto è da sempre considerato come propedeutico all'apprendimento musicale divenendo supporto fondamentale di tutti i metodi didattici che nell'ultimo secolo sono stati perfezionati per l'apprendimento della musica: dal metodo Dalcroze, al Bassi, al Kodály, all'Orff, ad altri ancora.

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