attributo (teologia)

nel cattolicesimo, gli attributi di Dio sono proprietà, che noi pensiamo esistere in esso, per meglio studiare i diversi aspetti della sua natura. Essendo Dio profondamente “uno” e negando la sua essenza ogni molteplicità, il valore di questi attributi è analogico: essi cioè costituiscono il portato del linguaggio che noi usiamo parlando di Dio; in particolare, vedendo nelle creature delle perfezioni, le riferiamo al loro creatore, pur riconoscendole inadeguate in confronto all'infinita realtà divina. In questo senso gli attributi, pur nella loro inadeguatezza, hanno un valore reale. San Tommaso insegna che la bontà, la giustizia, la misericordia di Dio hanno una distinzione formale nel nostro pensiero, ma hanno il loro fondamento nell'infinita ricchezza della divina essenza, che noi possiamo concepire ed esprimere solo con molteplici concetti: semplicità, perfezione, infinità, immutabilità, eternità, unità. La Sacra Scrittura così descrive gli attributi divini: El=il Potente; Adōnaj=il Signore; Rō'eh=il Veggente; Eljon=il Trascendente; Saddaj=l'Eccelso; Qȧdôs=il Santo, il Puro. Tutte queste qualità si riassumono nel suo nome proprio Yahwèh=Egli è, cioè l'Essere puro e quindi semplice, infinito, immenso, immutabile, eterno, unico. Il dogma cattolico definisce Dio come “semplicissimo”: ogni composto infatti è posteriore alle parti di cui si compone; presuppone un agente esterno che riunisce le parti; Dio è Atto puro e in lui essenza ed essere, natura e personalità, natura e operazione sono identici, perciò Dio è semplicissimo; “perfettissimo”: la perfezione esclude ogni potenza (capacità ad avere ciò che non si ha); ma Dio è Atto puro, pienezza di Essere; quindi in lui esistono tutte le perfezioni, cioè è perfettissimo; “infinito”: Dio è l'Essere per essenza; ma questo esclude ogni potenza che ne limiti l'essere; perciò Dio è infinito, cioè senza limiti tanto nel suo essere che nelle sue operazioni; “immenso”: semplicità e infinità escludono ogni limite; ma Dio è semplice ed è infinito; quindi non è circoscritto in nessun luogo, ma è dappertutto, cioè è immenso; “immutabile ed eterno”: ogni mutazione indica passaggio da uno stato a un altro, transizione dalla potenza (ciò che non si è) all'atto (ciò che si sarà nella nuova realtà dell'atto); ma in Dio tutto è atto; quindi in Dio non vi è passaggio, cioè è immutabile; l'eternità è assenza di un principio e di una fine e assenza di ogni successione; ma Dio è Atto puro per essenza; perciò in lui non c'è inizio (perché significherebbe passaggio dalla potenza all'atto) e non c'è fine (perché comporterebbe un passaggio dall'essere al non-essere) e quindi è eterno; “uno”: Dio è infinito, ma l'infinito è uno, infatti due infiniti uguali sommandosi darebbero sempre un infinito; un infinito minore dell'altro significherebbe che l'uno di essi non è infinito; quindi Dio è uno.

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