bolòmetro

sm. [sec. XIX; dal greco bolḗ, raggio+-metro]. Strumento di misura dell'energia raggiante usato soprattutto in astronomia per la misurazione dell'intensità della radiazione stellare. Il primo bolometro è stato realizzato da S. P. Langley nel 1881. È composto da una lamina metallica annerita, sulla quale si fa cadere la radiazione che, riscaldando la lamina, ne provoca una variazione della resistenza elettrica; un'opportuna taratura dello strumento permette di risalire dalla variazione di resistenza all'intensità della radiazione. In pratica si usano due lamine uguali accostate, molto sottili, costituenti due rami di un ponte di Wheatstone: la radiazione che passa attraverso un telescopio viene fatta cadere su una delle due lamine provocandone il riscaldamento che permette di risalire al valore dell'energia raggiante. La seconda lamina ha la funzione di compensare l'influenza della temperatura ambiente sulla misurazione; ciò si può ottenere, nei bolometri più moderni, operando in ambienti climatizzati. La sensibilità di questo strumento è tale da permettere di misurare variazioni di temperatura dell'ordine del decimillesimo di grado; con esso è possibile misurare la radiazione integrale di una stella, cioè l'intensità della radiazione su un ampio intervallo di lunghezza d'onda, o anche, abbinando il bolometro a uno spettrografo, l'intensità di radiazioni di lunghezze d'onda particolari. Campi più estesi di variazioni della resistenza si ottengono con l'uso di termistori o di materiali con proprietà semiconduttrici intorno alla temperatura critica di superconduzione, che è prossima allo zero assoluto. Il bolometro è maggiormente sensibile, per la sua natura, alle radiazioni infrarosse: Langley fu in grado di ampliare fino a 0,0053 mm il campo della radiazione infrarossa precedentemente scoperta (1800) da W. Herschel.

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