Lessico

agg. (pl. m. -ci) [sec. XVI; dal francese chimique, che risale al greco chymikós, da chymós, succo].

1) Proprio della chimica, che si riferisce alla chimica: industria chimica, analisi chimica; equilibrio chimico; processo chimico; guerra chimica, condotta con l'impiego di aggressivi chimici. Ottenuto mediante i procedimenti della chimica: prodotti chimici; concimi chimici; azione chimica, che modifica la composizione delle sostanze.

2) Come sm., studioso di chimica; professionista, laureato o tecnico, che si occupa di problemi di chimica in istituti di ricerca, nelle industrie, ecc.

Industria chimica: generalità

In accordo con la classificazione proposta dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) si definiscono come prodotti dell'industria chimica una vasta gamma di merci che possono essere immediatamente commercializzate come prodotti di consumo o costituire materia di base per successivi cicli produttivi. § Si usa suddividere l'industria chimica in tre grandi settori: chimica primaria, chimica fine e chimica secondaria o delle specialità. L'industria chimica primaria è caratterizzata da impianti di notevoli dimensioni a elevato investimento per unità di manodopera e necessita di grandi infrastrutture. I principali prodotti provenienti da questo settore sono: acido solforico, cloro, alcali, ammoniaca, acido nitrico, fertilizzanti, concimi, alcuni derivati del petrolio, fibre, resine, elastomeri. Elevato valore aggiunto e produzioni quantitativamente ridotte distinguono invece gli altri due settori. Mentre la chimica fine, legata strettamente alla chimica primaria, ha un mercato principalmente rivolto all'industria stessa e i suoi prodotti sono a composizione fissa, la chimica secondaria o delle specialità riguarda prodotti a composizione variabile che possono essere forniti direttamente al consumo. La produzione della chimica fine comprende solventi, coloranti, pigmenti, fitofarmaci, prodotti per l'industria farmaceutica, detergenti, emulsionanti, intermedi per l'industria, gas tecnici (ossigeno, azoto, idrogeno, ecc.), essenze naturali e sintetiche. Al settore della chimica secondaria appartengono prodotti valutati essenzialmente in relazione alla prestazione (prodotti a comportamento). Spesso questo risultato viene ottenuto con opportune formulazioni cioè attraverso una miscelazione fisica associata a un certo grado di trasformazione chimica. Ne fanno parte: adesivi, pitture, vernici, smalti, inchiostri, cosmetici, detergenti per uso domestico, prodotti sensibili per fotografia, prodotti per zootecnia. Il successo delle imprese che operano nella chimica secondaria e nella chimica fine è legato alla ricerca scientifica e tecnologica, al marketing, alla rete di distribuzione e assistenza al cliente, alla creazione di prodotti e formulazioni sempre più differenziate per le diverse applicazioni.

Industria chimica: cenni storici

Lo sviluppo della moderna industria chimica è uno degli eventi che hanno dato un'impronta all'evoluzione storica ed economica del nostro secolo, influenzando non solo le strutture economiche, ma modificando, talora in modo sostanziale, le stesse condizioni di vita di larghi strati di popolazione. I primi processi industriali risalgono alla fine del sec. XVIII, quando in Inghilterra venne introdotta la camera a piombo per la produzione di acido solforico, e in Francia, con il metodo Leblanc, si poté ottenere soda dal sale marino. Tuttavia, sarebbe improprio datare la nascita dell'industria chimica prima della seconda metà del sec. XIX; fu infatti allora che la scienza chimica cessò di considerare i fenomeni chimici come oggetto di mera descrizione, per inquadrarli in un contesto produttivo sotto il criterio della massima efficienza. La crescente disponibilità di energia elettrica a fine secolo consentì il rinnovamento dei processi produttivi, soprattutto in campo elettrochimico, tuttavia l'impulso decisivo fu dato dalla sintesi dei primi coloranti sintetici. All'inizio del Novecento il quadro industriale chimico era fondato sulla chimica degli alcali, degli acidi e della chimica organica aromatica (chimica di base) ed era caratterizzato dalla ricerca di surrogati naturali. La posizione leader della Germania in questa fase, soprattutto nel campo dei coloranti, era incontrastata sia per la promozione di cartelli che dominavano il mercato mondiale sia per l'apporto scientifico e tecnologico fornito dalle università. Ben presto si formarono due poli di produzione determinati dalla scelta della materia prima. Mentre in Europa si utilizzava il carbone, negli USA veniva adoperato il petrolio. La prima fase di sviluppo dell'industria chimica, fino alla I guerra mondiale, ebbe come momento culminante il processo di sintesi dell'ammoniaca che determinò una notevole spinta tecnologica sia per i materiali adoperati sia per la accresciuta sicurezza degli impianti che dovevano soddisfare le caratteristiche di maggiore resistenza alle alte pressioni. Tra le due guerre un ulteriore grado di innovazione fu determinato nel settore della chimica organica dalle tecnologie di polimerizzazione, di catalisi, di fermentazione che portarono a sostituire materiali naturali con prodotti di maggiori garanzie fisiche e meccaniche: l'industria chimica si veniva così a caratterizzare per la produzione di nuovi materiali non più creati a imitazione di quelli esistenti ma alternativi a questi. Dopo la seconda guerra mondiale la crescita dell'industria chimica coincise con lo sviluppo della petrolchimica. Facendo il confronto tra la produzione di petrolio nel 1945 (40 milioni di tonnellate) e quella nel 1972 (2500 milioni) si nota il ruolo determinante di questa materia prima sia nell'utilizzo nel campo dei carburanti sia per uso energetico. L'industria chimica di questo periodo ha connotati ben precisi, come chimica primaria risulta legata al petrolio e come chimica secondaria si differenzia in prodotti a specifica, dalla composizione chimica fissa, e prodotti a comportamento, commercializzati in base alle prestazioni più che alla composizione analitica. Gli anni difficili del decennio 1970-1980 dovuti alla crisi petrolifera-energetica portarono a una razionalizzazione dei processi e all'investimento nella ricerca di materie prime alternative. I grandi investimenti programmati negli anni precedenti la crisi nel settore della chimica di base subirono un rallentamento. A partire dagli anni Settanta, infatti, l'industria chimica aveva ampiamente sfruttato le sue potenzialità tecnologiche ed era vicina alla saturazione del mercato. Parallelamente erano cresciuti i problemi legati all'inquinamento ambientale che spinsero all'ammodernamento degli impianti, all'innovazione dei processi per il trattamento degli scarichi, al riciclo di prodotti secondari, ecc. Tutte le grandi imprese internazionali hanno dovuto realizzare decisivi processi di ristrutturazione degli impianti, radicali cambiamenti delle strategie operative, drastica diminuzione delle produzioni nel comparto di base, fortissimo impulso alle produzioni con elevato contenuto tecnologico. L'industria chimica moderna è chiamata a soddisfare la crescente domanda di prodotti innovativi richiesti dall'elettronica, dall'informatica, dall'industria aerospaziale, dai settori agroalimentare, sanitario e farmaceutico: essa, dunque, si presenta ad alto contenuto tecnologico come un sistema aperto e integrato in grado di fornire prodotti e servizi e in forte espansione verso la produzione di nuovi materiali, l'agroindustria e le biotecnologie avanzate. Stati Uniti ed Europa occidentale sono i due poli della chimica mondiale, con quote quasi uguali, seguiti dal Giappone. Un aumento della produzione si riscontra per alcuni Paesi arabi e in generale per i Paesi che dispongono a loro volta della materia prima di base. In Italia, l'industria chimica si sviluppò notevolmente negli anni Cinquanta grazie alla chimica organica di base (petrolchimica) che ha fatto da elemento propulsore. L'evoluzione rapida del settore petrolchimico a partire dal 1960 è dovuta sia allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale, sia allo sviluppo dell'attività di raffinazione del petrolio. Tuttavia a partire dal 1970 la produzione chimica, pur seguendo un trend espansivo, è risultata inadeguata rispetto all'incremento della domanda interna; ne è derivato un crescente deficit nel commercio estero del settore. L'industria chimica di base rappresenta ca. il 25% del valore totale della produzione chimica; seguono le produzioni di ammoniaca, acido solforico, acido fosforico, soda caustica e cloro. Nell'ambito dell'industria chimica importanti sono le materie plastiche, le fibre chimiche, i fertilizzanti, i coloranti e pigmenti e altri prodotti come materiali sensibili, elettrodi di carbone, esplosivi, tannini. Infine i principali settori dell'industria chimica secondaria sono quello dei prodotti farmaceutici, della cosmesi, delle vernici e inchiostri, dei detergenti e saponi. Nel contesto internazionale la chimica italiana si è sviluppata con un certo ritardo, che negli anni Settanta è ulteriormente aumentato. I punti deboli della nostra chimica rimangono una insufficiente attività di ricerca, se confrontata con quella svolta dai Paesi più avanzati, uno scarso grado di internazionalizzazione, una dimensione d'impresa ancora piccola. Nel corso degli ultimi anni Settanta e dei primi anni Ottanta, è stato tuttavia realizzato un vasto programma di ammodernamento degli impianti e di adeguamento della capacità produttiva agli andamenti della domanda. Il deficit della bilancia commerciale chimica italiana rimane però pesante e la produzione non riesce a soddisfare il mercato interno, specie nel comparto delle specialità. Tra le principali industrie chimiche italiane, oltre a ENI e Montedison, vanno annoverate la Snia BPD, la Unil-It, la Solvay Italia, la Ciba-Geigy e la Bayer Italia.

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