chelante

agg. e sm. [sec. XX; da chela, con riferimento alla struttura chiusa ad anello, come le chele di un crostaceo]. Composto organico che ha la proprietà di combinarsi in soluzione con ioni metallici polivalenti per formare complessi ciclici solubili (chelati). Utilizzati un tempo solo come reattivi analitici e in campo industriale per la fabbricazione di colori o per rimuovere metalli contaminanti,i chelanti hanno acquistato interesse biologico in seguito al loro impiego come additivi alimentari, destinati a “sequestrare” le eventuali tracce di ioni metallici che concorrono al deterioramento degli alimenti conservati. L'utilizzazione dei chelanti in medicina è legata alla sintesi di composti scarsamente tossici, risultati capaci di rimuovere dall'organismo gli ioni metallici responsabili di intossicazioni acute e croniche o implicati nella patogenesi di alcune malattie metaboliche. I chelanti di maggiore interesse farmacologico sono i sali dell'acido etilendiammino-tetracetico (EDTA o versene), la penicillammina, l'acido idrossietilen-diamminotetracetico o HEDTA, il dimercaptopropanolo o BAL, l'acido dietilen-triamminopentacetico o DPTA. La stabilità dei complessi chelati varia in rapporto allo ione interessato. Così per esempio il rame, il nichel, il piombo, il ferro formano complessi più stabili del calcio, del magnesio, del bario, i quali, a loro volta, si legano più stabilmente ai chelanti del sodio, del potassio e del litio. Ciò ha notevole importanza pratica, perché è possibile spostare uno ione dal complesso mediante metalli aventi una più elevata costante di stabilità. Nell'organismo la possibilità di formare complessi di chelazione a fini terapeutici dipende, oltre che dalle costanti di stabilità degli ioni, dalla loro concentrazione relativa, dal pH del mezzo e dalla presenza di chelanti fisiologici nei vari tessuti. L'emoglobina, per esempio, è uno dei chelanti naturali a cui si lega saldamente il ferro in un complesso organico solubile. Altri importanti chelanti naturali sono la clorofilla, il glutatione, molti enzimi, ormoni e vitamine. Va inoltre ricordato l'impiego di complessi di chelazione destinati a cedere nell'organismo il metallo a substrati fisiologici per i quali detto metallo ha maggiore affinità; così, per esempio, i complessi di ferro, impiegati nelle anemie sideropeniche, e quelli di oro (aurotiomalato e aurotioglicolato sodico) che trovano impiego nell'artrite reumatoide. I chelanti terapeutici sono scarsamente tossici, tuttavia se vengono iniettati troppo rapidamente, come talora accade nella terapia degli avvelenamenti, possono provocare ipotensione, disturbi renali, tromboflebiti. A volte sono male tollerati producendo lacrimazione, congestione nasale, rinorrea, palpitazioni, ecc.

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