compassióne

sf. [sec. XIV; dal latino ecclesiastico compassio-onis]. Sentimento di pietà che si prova verso la sofferenza altrui: aver compassione; esser mosso a compassione; metter da parte la compassione, agire con durezza, senza pietà; per estensione, sentimento di compatimento misto a disprezzo per l'inettitudine o l'indegnità altrui: la tua miseria morale mi fa compassione. § In filosofia, il concetto di compassione si trova già presso gli antichi (particolarmente in Aristotele e negli stoici). Con il cristianesimo ne è stata messa in luce la dimensione non semplicemente morale e mondana, ma religiosa e divina. Infatti, per il cristiano la compassione non può essere disgiunta dalla carità, che è amore e segno operante dell'amore di Dio. Una critica violenta al concetto di compassione è stata mossa da Nietzsche, il quale la definì “istinto depressivo e contagioso”, “conservatore di tutte le miserie”, asserendo però che essa fosse nel senso di Schopenhauer sentimento dell'unità dell'Universo e del dolore che tutto lo percorre e non frutto d'una carità operante volta a redimerlo.

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