concètto

Indice

Lessico

sm. [sec. XIII; pp. ant. di concepire].

1) Idea che la mente si forma di una cosa estraendone i dati essenziali: il concetto di uomo, il concetto di bene. “Ne' mirabili aspetti / vostri risplende non so che divino / che vi trasmuta da' primi concetti” (Dante). Per estensione, pensiero: “Oh quanto è corto il dire e come fioco / al mio concetto!” (Dante); non riesce a esprimere i propri concetti.

2) Opinione, giudizio: formarsi, farsi un concetto, farsi un'idea. Per estens., reputazione: avere un buon concetto di qualcuno, dare un giudizio positivo su qualcuno; essere in concetto di, avere reputazione di...; morire in concetto di santità, avere fama di santo al termine della propria esistenza.

3) Associazione tra immagini, fondata su analogie e somiglianze stupefacenti e stravaganti, frequente nella letteratura del Seicento.

4) Disus., progetto, intenzione. “Fra il primo concetto d'una impresa terribile, e l'esecuzione di essa” (Manzoni).

5) Nell'industria della carta, le piccole dispersioni di fibre, in contrasto cromatico con quelle di fondo, che compaiono in un prodotto cartario.

Filosofia

Idea realizzata dalla mente nell'atto di pensare. Questa definizione generale si arricchisce non appena si opera la distinzione tra i due principali filoni di interpretazione della nozione di concetto che si sono contrapposti e intersecati nel corso della storia della filosofia. Per Socrate, il concetto è l'essenza, cioè l'insieme delle determinazioni costitutive di un aspetto della realtà; per lo stoicismo, il concetto è segno delle cose: è quindi uno strumento che serve agli uomini a organizzare le cose. L'interpretazione socratica è prevalente nella filosofia classica, medievale e moderna; quella degli stoici caratterizza l'empirismo ed è largamente diffusa nel pensiero contemporaneo. Per l'interpretazione socratica, il concetto è ciò che la cosa veramente è, ed è dato, innanzitutto, nella realtà: è compito della ricerca scientifica e filosofica giungere alla definizione precisa del concetto di ogni cosa. Questo procedimento caratterizza la ricerca di Platone come quella di Aristotele; essi divergono invece quanto allo status ontologico dei concetti, che per il primo sono essenze indipendenti, dotate di realtà ideale, mentre per il secondo sono determinazioni delle cose, date nella mente umana in quanto questa le comprende: in questo senso, Aristotele diceva che “l'anima è, in certo modo, tutte le cose”, perché l'essenza di tutte le cose è data potenzialmente nell'anima. Il dibattito tra questi due modi d'intendere la realtà del concetto prosegue nel Medioevo, ed è aspetto della nota “disputa sugli universali”, in cui peraltro è presente anche l'interpretazione stoica, secondo cui i concetti sono termini linguistici, istituiti allo scopo di significare una pluralità di cose, in ciò che esse hanno in comune. Questa posizione, sostenuta tra gli altri da Guglielmo di Occam, è detta “nominalismo” e si contrappone al realismo, che identifica i concetti con l'essenza reale delle cose. Nella filosofia moderna, la posizione socratica fu sostenuta con assoluta coerenza nell'ambito di un razionalismo assoluto da Spinoza, per cui la cosa e la sua essenza o idea sono lo stesso concetto, sotto due aspetti diversi. Sempre lungo la stessa direzione di pensiero, per Hegel il concetto non è l'essenza della cosa, che l'intelletto ricava mediante un processo di astrazione, ma bensì la cosa stessa, in quanto si dà a se stessa nel sistema delle sue relazioni costitutive: la realtà autocosciente. In questo senso, per il filosofo tedesco non vi sono propriamente concetti, ma vi è il concetto, che è la totalità del reale nella sua autocoscienza. Ben diversamente si esprimevano, a partire dal nominalismo medievale, i sostenitori dell'interpretazione stoica. Per l'empirismo classico, il concetto è uno strumento intellettuale di organizzazione della realtà ed è indotto nella mente umana dalle cose stesse, attraverso la sensazione. Da Hume in poi uno dei problemi principali delle filosofie empiristiche sarà quello di spiegare la formazione dei concetti a partire dalle sensazioni. Questa posizione ebbe uno sviluppo con l'evoluzione linguistica dell'empirismo: per molte correnti di pensiero contemporaneo (pragmatismo, comportamentismo, neoempirismo) il concetto è una regola, o un insieme di regole, per il corretto uso di un segno linguistico (per esempio una parola). Questa posizione sospende il giudizio sulla formazione dei concetti e guarda alla loro funzione nell'ambito di un linguaggio o di un comportamento umano: e la funzione è, in generale, quella di svolgere operazioni determinate su altri segni e/o su oggetti d'esperienza.

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