crogiòlo

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(lett. crogiuòlo), sm. [sec. XVI; dal francese croiseul, nome di un tipo di lampada a forma di croce].

1) Recipiente di forma cilindrica o tronco-conica, resistente alle alte temperature, utilizzato per varie operazioni su quantitativi limitati di prodotti. In metallurgia si usano crogioli di grafite, ghisa, acciaio, carburo di silicio per la fusione di metalli e di leghe; crogioli di materiali refrattari sono impiegati nell'industria del vetro. Nei laboratori chimici, crogioli di porcellana, grafite e altri materiali refrattari per effettuare analisi, fusioni e altre operazioni; tipi particolari sono quello di Gooch, a fondo forato, impiegato per filtrazioni, e quello di Rose, usato per riscaldare sostanze solide in corrente gassosa, munito di un coperchio forato al centro attraverso cui un tubo immette il gas nell'interno.

2) La parte inferiore dell'altoforno e del cubilotto, in cui si raccoglie la ghisa fusa. Acciaio al crogiolo, acciaio fabbricato in crogiolo lizzando ferro acciaioso puddellato; tale metodo di fabbricazione è in disuso.

3) Fig., mezzo, ambiente in cui si compie o comunque si prepara una fusione o un rinnovamento di carattere politico, culturale, linguistico e simili: “crogiolo di fuoco della pubertà” (Jahier); “il crogiolo della verità” (Beccaria); mettere nel crogiolo, unire vari elementi per creare o attuare qualcosa.

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