dattiloscopìa

sf. [sec. XX; dattilo-+ -scopia]. Esame delle impronte digitali, come mezzo di identificazione delle persone, a fini giudiziari. La dattiloscopia si basa sul fatto che i dermatoglifi formano un disegno che ha caratteristiche strettamente individuali e che non subisce, neppure col passare degli anni, alcuna variazione. Solo cicatrici, asportazioni di parti molli, ustioni sul polpastrello possono modificare o cancellare tale specifico disegno. Ogni impronta appare costituita da finissime linee, delle quali ai fini dell'identificazione delle impronte si utilizzano tre differenti disposizioni (sistemi), che di norma si ripetono in tutti gli individui: sistema basilare, formato da linee fondamentalmente trasversali al dito e situate nella parte prossimale della falange; sistema marginale, costituito dalle linee tendenzialmente parallele al dito, presenti ai bordi dei polpastrelli; sistema centrale, formato da linee curve, disposte ad ansa o a vortice, presenti sulla parte più rilevata del polpastrello. La dattiloscopia si realizza ingrandendo il disegno che il polpastrello precedentemente inchiostrato ha lasciato sulla carta e confrontandolo con le impronte evidenziate sul luogo in cui è stato commesso un reato. L'identità delle due serie di impronte è considerata valida prova anche giudiziaria.

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