Lessico

sf. [sec. XVI; da duale].

1) Condizione, qualità di ciò che si compone di due diversi elementi o principi.

2) In matematica, principio per cui esiste una corrispondenza biunivoca fra gli enti di due proposizioni di modo che è possibile sostituire gli enti dell'una con quelli dell'altra mantenendo la validità dei postulati e delle proprietà.

Algebra

Si chiama duale, o complementare, di un sottoinsiemeA di un insieme dato I, il sottoinsieme composto dagli elementi di I non appartenenti ad A; è cioè l'insieme differenza tra I e A e si indica con I-A o con I/A. Il duale dell'intersezione di due sottoinsiemi A e B è l'unione dei duali, mentre il duale dell'unione è l'intersezione dei duali; queste regole, di facile giustificazione intuitiva, sono le leggi di dualità di De Morgan. Nel passaggio al duale, si scambiano tra di loro le operazioni insiemistiche di intersezione e unione. Al passaggio al duale nella teoria degli insiemi corrisponde la negazione in logica: come una doppia negazione afferma, così il duale del duale di A è A stesso; la dualità è quindi involutoria. In una struttura matematica, algebrica o geometrica, si parla allora di dualità quando si ha a che fare con una trasformazione involutoria che scambia tra di loro due operazioni, oppure inverte dominio e codominio di una funzione, e simili. Un'immediata generalizzazione della dualità tra insiemi è la dualità tra reticoli: quando si scambiano le operazioni astratte di unione e intersezione in un reticolo, per la simmetria con la quale esse compaiono negli assiomi si ottiene un nuovo reticolo, duale del precedente. Nella teoria delle categorie si costruisce la duale di una categoria data scambiando le frecce, cioè mutando il dominio di un morfismo nel suo codominio, e viceversa. Ma allora, in tutti questi casi e in altri analoghi, a ogni teorema resta associato un teorema duale ottenuto da esso eseguendo nell'enunciato gli scambi indicati. In algebra lineare, dato uno spazio vettorialeV su un campo K, lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari di V in K si dice spazio vettoriale duale; esso viene indicato con V*. Se lo spazio vettoriale V ha dimensione finita, esiste un isomorfismo tra V e il suo duale V*. Per definire tale isomorfismo è necessario fissare una base di V. Cambiando la base, cambia l'isomorfismo; l'isomorfismo non è quindi canonico. Si può anche considerare lo spazio duale dello spazio duale dello spazio V; esso viene indicato con V**. Si definisce un isomorfismo α tra V e V, ponendo α(v)(ψ)=ψ(v) per ogni vettore v di V e ogni vettore ψ di V*. Tale isomorfismo è canonico perché non dipende dalla scelta di una base in V. Nel caso in cui lo spazio vettoriale V sia dotato di un prodotto scalare non degenere < , >, si definisce un isomorfismo φ tra V e il suo duale V* ponendo φ(u)(v)=<u, v>, per ogni coppia di vettori u e v di V. Tale isomorfismo, non dipendendo dalla scelta di una base di V, è canonico.

Elettromagnetismo

È il principio per cui scambiando, nelle formule relative a circuiti, i termini capacità e induttanza, tensione e intensità di corrente, si ottengono formule analoghe. Per esempio, l'energia di un condensatore di capacità C alla tensione V è data da E=CV²/2 e l'energia di un induttore di induttanza L percorso da una corrente i è data da E=Li²/2. Un altro principio di dualità vale per le configurazioni circuitali; per esempio, un circuito costituito da una resistenza, un'induttanza e una capacità in serie è duale di un altro costituito da una conduttanza, una capacità e un'induttanza in parallelo.

Geometria

Nel piano proiettivo vale un principio di dualità che afferma che se nel piano vale una proposizione concernente punti e rette, vale anche la proposizione (duale) che si ottiene scambiando le parole punto e retta. Per esempio, i due seguenti assiomi: due punti distinti determinano una retta e due rette distinte determinano un punto, possono ottenersi l'uno dall'altro scambiando la parola punto con la parola retta e lasciando il resto inalterato. Analogamente nello spazio proiettivo tridimensionale le due affermazioni: tre punti non contenuti in una stessa retta determinano un piano e tre piani non contenenti una stessa retta determinano un punto, si ottengono l'una dall'altra scambiando la parola punto con la parola piano e contenere con essere contenuto; il resto si lascia inalterato. Questo fatto è vero per tutti gli assiomi che definiscono lo spazio e il piano proiettivo. Pertanto, accanto a ogni proposizione P dello spazio, o del piano, proiettivo si può costituire una proposizione P+ ottenuta da P operando gli scambi sopra illustrati. Il fatto notevole è che P+ è vera al pari di P, giacché a P+ si perviene facendo gli stessi ragionamenti deduttivi che conducono a P, pur di effettuare gli scambi anzidetti. Il principio di dualità permette quindi, una volta che si è dimostrato un teorema, di non dimostrare il teorema duale. Il principio di dualità non è un teorema della teoria dello spazio, o del piano, proiettivo, ma un teorema su questa teoria; è cioè un metateorema.

Logica matematica

Siano A e B formule del calcolo degli enunciati, in cui vi sono, come connettivi, solo quelli di negazione, di congiunzione e di disgiunzione. e siano delle formule che si ottengono da A e B interscambiando in esse la congiunzione con la disgiunzione e viceversa. e sono dette le formule duali di A e B. Il principio di dualità afferma che se A e B sono equivalenti allora lo sono anche e . Questo principio fu formulato per la prima volta da E. Schröder nel 1877, benché secondo J. Bochenski esso fosse già conosciuto dai logici medievali.

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