emicrània

sf. [sec. XVI; dal latino tardo hemicranía, che risale al greco hēmikranía]. Tipo di cefalea, una delle forme più comuni, in cui il dolore è localizzato in una metà della testa; si presenta con attacchi ricorrenti di frequenza e intensità variabili. Si possono distinguere fondamentalmente due tipi di emicrania: quella senza aura, che è la più frequente, caratterizzata da attacchi di mal di testa di solito unilaterali con dolore pulsante, che può durare da qualche ora a tre giorni e che peggiora con l'attività fisica; e quella con aura, vale a dire preceduta da sintomi neurologici, quali senso di scintillamento del campo visivo, formicolii, disturbi motori, fino a vere e proprie paresi, disturbi della composizione del linguaggio. Tali sintomi si sviluppano 5-20 minuti prima dell'attacco e perdurano per non più di 60 minuti. Ancora non si conoscono i meccanismi causali dell'emicrania: sembra giochino un ruolo fattori ereditari (spesso colpisce elementi di una stessa famiglia), almeno nei termini di una predisposizione sulla quale intervengono, a precipitare l'attacco, eventi esterni o interni, come sforzi fisici, odori, rumori, sollecitazioni emotive, modificazioni dell'equilibrio ormonale (per esempio, il climaterio e, nelle donne, diverse fasi del ciclo mestruale), variazioni climatiche, ingestione di determinati cibi e bevande, nonché condizioni di tensione emotiva o di brusco allentamento della stessa (“emicrania del dì di festa”). Nella maggior parte dei casi si accompagna alle crisi un generale stato di malessere caratterizzato da nausea, vomito e insofferenza per i rumori e la luce, che induce chi ne è affetto a restare immobile, al buio e lontano da ogni possibile contatto con il mondo esterno. Il trattamento si prefigge il duplice scopo di combattere la crisi (terapia sintomatica, per lo più basata sulla somministrazione di analgesici e di farmaci vasocostrittori che si oppongono alla vasodilatazione intracranica spesso presente) e di prevenire le recidive (attraverso norme di igiene generale e alimentare e in alcuni casi con la somministrazione di farmaci). Per una profilassi a lungo termine possono essere usati i betabloccanti, i calcioantagonisti, gli antidepressivi triciclici o gli anticomiziali. Per trattare la fase acuta si adoperano farmaci in grado di interrompere la crisi, come gli agonisti della serotonina (triptani), l'ergotamina e alcuni antiemetici. Gli analgesici devono essere impiegati con attenzione, perché in alcuni pazienti causano una cefalea di rimbalzo con l'aumento del dosaggio.

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