emocromatòsi

sf. [sec. XX; da emo-+ cromato-+-osi]. Malattia, detta anche diabete bronzino o cirrosi pigmentaria, caratterizzata da alterato metabolismo del ferro con eccessivo deposito a livello di tutti i tessuti dell'organismo, e in particolare a livello del fegato, di pigmenti ferrosi (emosiderina ed emofucsina). Intorno ai depositi tessutali di emosiderina si ha abbondante formazione di tessuto connettivo fibroso che provoca sclerosi diffusa e quindi gravi alterazioni funzionali degli organi interessati (insufficienza epatica, diabete, insufficienza cardiaca). Caratteristici sintomi dell'emocromatosi sono il notevole ingrossamento del fegato e la deposizione di melanina nella pelle che determina il tipico aspetto bronzino. La malattia ha base genetica, essendo dovuta a una alterazione del gene HLA-H sul braccio corto del cromosoma 6 e viene trasmessa come carattere autosomico dominante. L'83% per cento dei malati è omozigote per la mutazione e solo il 17% presenta la mutazione su una sola copia del cromosoma 6 (eterozigote). Alcune condizioni, quali l'alcolismo, le anemie emolitiche, l'insufficienza pancreatica, favorirebbero la comparsa della malattia. La terapia prevede l'eliminazione di alcolici e dei cibi a elevato contenuto di ferro dalla dieta, dove è utile l'aggiunta di sostanze come i fosfati che riducono l'assorbimento del ferro a livello intestinale. Per l'eliminazione del ferro sono indicati i salassi ripetuti, in genere a frequenza settimanale, e l'uso dei chelanti.

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