esenzióne

sf. [sec. XIV; dal latino exemptíonis]. L'esser liberi da determinati obblighi; anche l'atto che dispensa da tali obblighi; in particolare, esenzione dal servizio militare, dispensa dall'obbligo di leva. In economia, esenzione coattiva. § In diritto, esenzione da imposta, esonero da un'obbligazione tributaria altrimenti dovuta. Le esenzioni fanno parte di una determinata linea economica del governo e possono essere temporanee o permanenti. L'esenzione è soggettiva se applicabile solo a una persona determinata; oggettiva se, viceversa, spiega la sua efficacia in determinati atti economici e indipendentemente dalla persona a cui è riferita;l'esenzione del testimone è prevista dalla legge per alcune persone che rivestono particolari cariche; in questi casi il giudice si reca ad ascoltarle presso il loro ufficio o abitazione. § In diritto canonico, liberazione, a titolo di privilegio, da uno stato preesistente di sottomissione obbligatoria. Nella Chiesa cattolica i superiori competenti a concedere un'esenzione sono: il papa, i dicasteri della Curia romana, l'ordinario del luogo, il superiore religioso. L'esenzione dalla giurisdizione vescovile concerne: i capi di Stato, i quali, sia per le cause matrimoniali sia per quelle penali canoniche, sono direttamente sottoposti alla giurisdizione del pontefice; le religioni di diritto pontificio.