fòrbice

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sf. (usato per lo più al pl.) [sec. XIII; latino forfex-fícis, cesoia (per lo più al pl.)].

1) Attrezzo in acciaio, usato per tagliare, costituito da due lame appuntite congiunte da un perno e dotate di due anelli in cui s'infilano le dita per manovrarlo: lavorare di forbice, tagliare; fig., riferito ad articoli giornalistici e simili, censurarne alcune parti; giornale fatto con le forbici, formato da articoli stralciati da altre pubblicazioni; scherzosamente: ha una lingua tagliente come le forbici, è di una maldicenza senza limiti. § L'uso delle forbici è documentato sin dalla più remota antichità, ma solo nel sec. X esse furono costruite nella forma attuale. Facevano parte del corredo nuziale e, dal sec. XVI in poi, preziosamente lavorate e con forme bizzarre, costituirono anche un ornamento femminile, che veniva portato appeso alla cintura.

2) Per estensione, sempre al pl.: A) le chele dei gamberi, degli scorpioni, e simili. B) Nell'attrezzatura navale, elemento fisso, detto anche tenaglie, per dar volta a manovre correnti: è costituito da due piccole bitte o simili, disposte vicine con gli assi divergenti.

3) Fig., nel linguaggio sportivo, il rapido movimento delle gambe che richiama l'aprirsi e il chiudersi delle forbici (specialmente in atletica e in alcune specialità di nuoto).

4) In economia, forbice dei prezzi, differenza tra i prezzi all'ingrosso e quelli al minuto che può aumentare o ridursi, con conseguente maggiore o minore apertura della forbice stessa; andamento a forbice, o solo forbice, aumento dei prezzi al minuto che si verifica in concomitanza di una diminuzione di quelli all'ingrosso.