falliménto

Indice

Lessico

sm. [sec. XIV; da fallire].

1) Atto ed effetto del fallire. In particolare, rovina, dissesto finanziario di un imprenditore e la procedura giudiziaria che ne deriva. Fig., esito negativo, disfatta, disastro: quella campagna pubblicitaria fu un vero fallimento.

2) Nei giochi di carte, lo stesso che calabrache.

3) Ant., errore, fallo; anche mancanza, penuria.

Diritto

Procedimento consistente nella liquidazione coatta del patrimonio di un imprenditore commerciale insolvente e nella ripartizione del ricavato fra i vari creditori. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che esercitano un'attività economica organizzata per la produzione e per lo scambio di beni e servizi; ne sono esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Il fallimento viene dichiarato dal tribunale su richiesta dello stesso debitore oppure su ricorso di uno o più creditori o su istanza del Pubblico Ministero oppure d'ufficio. Competente per la dichiarazione del fallimento è il tribunale del luogo dove l'imprenditore ha la sede principale della sua impresa. La sentenza dichiarativa del fallimento è pronunciata in Camera di Consiglio e con essa il tribunale provvede: a nominare il giudice delegato per la procedura; a nominare il curatore; a ordinare al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili; ad assegnare ai creditori un termine per la presentazione in cancelleria delle domande d'insinuazione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e viene comunicata per estratto al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo la sua data. Nello stesso termine l'estratto della sentenza è affisso alla porta del tribunale e comunicato al Pubblico Ministero. Entro 15 giorni dall'affissione della sentenza il debitore e qualunque altro interessato possono proporre opposizione alla dichiarazione di fallimento con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente. Se la sentenza dichiarativa di fallimento viene revocata restano comunque salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari. Questi sono: il tribunale fallimentare per le controversie relative alle procedure che non siano di competenza del giudice delegato e alle decisioni dei reclami avverso i provvedimenti di questi; il giudice delegato il quale dirige le operazioni del fallimento e vigila sull'opera del curatore; il curatore che ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato. Entro un mese dalla dichiarazione del fallimento il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione sulla causa e sulle circostanze del fallimento, sulla diligenza del fallito nell'esercizio dell'impresa e sul tenore della vita privata di lui e della sua famiglia. Egli inoltre riscuote le somme dovute al fallito e annota su un registro le operazioni relative alla sua amministrazione. La sentenza dichiarativa di fallimento priva immediatamente il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. Tutti gli atti da lui compiuti e i pagamenti eseguiti dopo la dichiarazione del fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori. Se al fallito vengono a mancare mezzi di sussistenza, il giudice delegato può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e la famiglia. Sono privi di effetto rispetto ai creditori tutti gli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori la dichiarazione del fallimento. Il curatore può anche domandare la revoca degli atti a titolo oneroso, compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento nonché dei pegni, delle anticresi e delle ipoteche volontarie costituite nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. La procedura fallimentare si svolge mediante accertamento dello stato passivo, costituito dai vari crediti, ammessi a seguito di idonee verifiche. Quindi il curatore procede alla liquidazione dei beni acquisiti dal fallimento sotto la direzione del giudice delegato. Si forma, quindi, un progetto di ripartizione dell'attivo, secondo un ordine di distribuzione previsto dall'art. 111 della legge fallimentare; compiute queste operazioni, il curatore presenta al giudice delegato il conto della propria gestione che, approvato, comporta la successiva ripartizione finale delle somme costituenti l'attivo fra i vari creditori, che si suddividono in privilegiati o ipotecari e in chirografari, che non vantano privilegi e sono soddisfatti dopo i primi. Dopo la sentenza dichiarativa di fallimento il fallito può proporre ai creditori un concordato. In mancanza, il giudice dichiara il fallimento dell'imprenditore.

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