gassògeno o gasògeno

sm. [sec. XIX; da gas+-geno]. Apparecchiatura atta a trasformare combustibili solidi (carbone, coke) in combustibili gassosi ricchi in idrogeno, ossido di carbonio e metano, quali il gas d'acqua e il gas d'aria. Il gassogeno Lurgi (a letto fisso), operante a pressione di 30 atm, è formato da un involucro cilindrico, alla cui sommità è sistemato il sistema di caricamento del carbone in pezzatura e alla base il sistema di asportazione delle ceneri, con immissione al fondo di ossigeno e acqua che percorrono in controcorrente il carbone che discende dall'alto, continuamente rimosso da un agitatore centrale a pale. Tale impianto è caratterizzato da un'alta conversione in gas per unità di volume e rispetto ad altri presenta il vantaggio di poter usare anche carboni ricchi in ceneri a causa dell'alto tempo di residenza del carbone nel cilindro e delle basse velocità dei gas dovute all'elevata pressione che vi si raggiunge. I gassogeni Koppers-Totzek, Babcock&Wilcox e simili operano, invece, inviando in una camera di combustione una sospensione di carbone polverizzato, ossigeno (oppure aria o aria arricchita d'ossigeno) e vapor d'acqua. Tali gassogeni, pur avendo il vantaggio di poter utilizzare carboni con qualunque percentuale di ceneri, hanno l'inconveniente di avere una temperatura di reazione decrescente dall'ingresso all'uscita, causata dalla diminuzione del carbone nella sospensione e quindi di variare la velocità di gassificazione con la conseguenza di poter convertire solo l'85-90% del carbone immesso.

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