ingènuo

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agg. e sm. [sec. XIV; dal latino ingenŭus, propr. nato nel paese, indigeno, quindi libero].

1) Agg., che è senza malizia per semplicità d'animo e per inesperienza degli uomini e delle cose del mondo; che è estremamente fiducioso negli altri: un ragazzo ingenuo; è gente ingenua dicampagna. In particolare, candido, semplice, schietto: animo ingenuo. Con senso peggiorativo, semplicione, credulone: sei stato tanto ingenuo da credergli. Per estensione, che rivela semplicità e schiettezza: una domanda ingenua; uno sguardo ingenuo; “Vereconda su 'l labbro le fioria/ l'ingenua grazia e la gentil favella” (Carducci). Per l'accezione specifica in arte, pittori ingenui, vedi naïf.

2) Ant., degno di un uomo libero, liberale: arti ingenue.

3) Sm., chi è pronto a credere a tutti e a tutto: sei il solito ingenuo; fare l'ingenuo, fingere di non capire, di non sapere, di essere estraneo a qualche cosa, per propria utilità.

4) Nell'antica Roma, soggetto nato libero o perché figlio di padre libero regolarmente coniugato, o perché figlio di madre libera, anche se nato fuori delle nozze. Il diritto romano lo poneva in una condizione giuridica più vantaggiosa rispetto a quella di cui godeva un liberto.

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