intolleranza

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sf. [sec. XVI; da intollerante].

1) L'essere intollerante, incapacità o impossibilità di sopportare: intolleranza del caldo, dei disagi; intolleranza di ogni ordine. In particolare, in medicina, incapacità di tollerare il contatto con determinate sostanze. Può essere sinonimo di reazione allergica, come nel caso della somministrazione di farmaci, oppure può concernere l'impossibilità da parte dell'organismo di degradare chimicamente e assorbire convenientemente certi composti chimici o determinati alimenti per mancanza degli enzimi necessari (per esempio intolleranza ai carboidrati, la cui forma più frequente si presenta con malassorbimento degli zuccheri).

2) Atteggiamento di chi professa un'idea, un'opinione in modo rigido e non ammette che altri ne abbia o ne esprima di diverse. § Nelle scienze sociali, per intolleranza si intendono atteggiamenti di rifiuto, discriminazione o vera e propria persecuzione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a una minoranza o comunque percepiti come portatori di diversità (etnica, linguistica, culturale, religiosa, politica, sessuale, ecc.). Frutto di pregiudizio e di ignoranza, un'esplosione di intolleranza esprime generalmente malessere e tensioni presenti nella più vasta comunità. Spesso – come nel caso emblematico del razzismo – la pratica dell'intolleranza porta alla luce pulsioni aggressive profonde, giustificate attraverso teorie prive di qualunque attendibilità scientifica (per esempio il primato “biologico” di un gruppo etnico). Si produce così un contesto di pregiudizio, in cui le pulsioni latenti possono esprimersi senza incorrere nelle sanzioni etiche riservate a comportamenti non conformi con il patto sociale su cui si fondano le comunità civili. § Per la religione, comportamento per cui persone o istituzioni appartenenti a un organismo religioso socialmente egemone operano forme di discriminazione nei confronti di altre ideologie o gruppi religiosi. Nella Chiesa cattolica l'intolleranza, ancora dominante nell'Ottocento (Mirari vos di papa Gregorio XVI; Sillabo di papa Pio IX), soprattutto per il timore di dare scarso rilievo ai dogmi cristiani, è andata progressivamente attenuandosi. Fondamentali a questo proposito sono stati l'enciclica Pacem in terris (1963) di papa Giovanni XXIII, la dichiarazione Dignitatis humanae (1965) del Concilio Vaticano II e altri documenti pontifici successivi.

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