jazz dance

loc. inglese usata in italiano come sf. L'espressione si riferisce – talvolta a sproposito – a una molteplicità di stili e tecniche di danza di non facile catalogazione. Originariamente il termine – apparso verso la fine degli anni Dieci del sec. XX – indicava uno stile di danza della comunità nero-americana, comune sia ai balli di società sia alle sue espressioni artistiche, nel vaudeville e nel teatro di varietà, e caratterizzato dalla vivacità ritmica e dall'“isolamento” delle singole parti del corpo nei movimenti. Arricchita da una vasta schiera di personalità di talento – da Pearl Primus a Katherine Dunham (che studiò e codificò organicamente l'eredità afro-haitiana), da Walter Nicks a Talley Betty, Eleo Pomare, Jack Cole, Alvin Ailey, Donald McKayle – tutte in vario modo impegnate a contribuire a una sempre più vasta e matura articolazione del linguaggio, la jazz dance è diventata un'importante e originale corrente della modern dance americana. Alla sua evoluzione hanno portato il loro contributo anche personalità della comunità bianca, come Jerome Robbins (da ricordare le coreografie originali di West Side Story, 1957 e il balletto New York Export: Op. Jazz, 1958). In generale la jazz dance è poi alla base dell'evoluzione del vocabolario coreografico nella grande stagione del teatro musicale, a Broadway, e del film musicale, a Hollywood. Fra i migliori maestri di questa tecnica ricordiamo Matt Mattox e l'italo-americano Luigi (Eugene Louis Facciuto). Inevitabilmente legata, in qualche misura, all'evoluzione del jazz come forma musicale, anche la jazz dance ha visto crescere la passione per il funky-jazz.

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