Lessico

sf. [sec. XIII; latino mors mortis].

1) Cessazione dell'attività vitale negli organismi animali o vegetali: morte prematura; affrontare, trovare la morte. Nelle loc.: essere in punto di morte, stare per morire; essere tra la vita e la morte, di ammalato, essere gravissimo; fare una bella, una buona morte, morire in grazia di Dio; la morte del giusto, di chi muore in pace e con la coscienza tranquilla; fare la morte del topo, morire schiacciato; la morte bianca, che avviene per assideramento; tornare da morte a vita, riprendersi da una situazione disperata; scherzare con la morte, esporsi temerariamente a gravi pericoli; in morte di, per la morte di, in occasione, a ricordo della morte di: un sonetto in morte della donna amata; fino alla morte, per tutta la vita; dare la morte, uccidere; darsi la morte, suicidarsi; mandare a morte, far giustiziare; mandare i soldati alla morte, a un combattimento in cui troveranno morte sicura; è questione di vita o di morte, è una cosa decisiva; pena di morte, la pena capitale; condannare a morte, alla pena capitale; sentenza di morte, di condanna alla pena capitale; morte civile, privazione della capacità giuridica inflitta in passato ai condannati a gravi pene detentive; fig., estremo avvilimento; a morte, mortalmente: odiare a morte; avercela a morte con qualcuno, odiarlo profondamente. Per analogia: pallore di morte, simile a quello di un morto; silenzio di morte, assoluto e quasi spaventoso.

2) In particolare, uccisione: fu ritenuto colpevole della morte di suo padre; la causa della morte, ciò che uccide: l'alcol è stato la sua morte.

3) La raffigurazione e la personificazione della morte (spesso con iniziale maiuscola): la Morte è rappresentata con la falce in mano; essere in braccio alla morte, prossimo a morire.

4) Fig., sofferenza, fastidio, noia terribile: la conferenza è stata una morte; avere la morte nel cuore, avere una gran pena; avere la morte negli occhi, essere in preda al terrore.

5) Per estensione, fine, estinzione, rovina: la morte di una civiltà; la crisi ha provocato la morte dell'industria.

6) Il modo più gustoso di cucinare una vivanda, specialmente le carni: la morte della lepre è in salmì.

7) Nome di uno dei Trionfi nel gioco dei tarocchi.

Biologia: i segni della morte

Nell'uomo e nei Mammiferi i segni della morte sono rappresentati dalla cessazione dei movimenti respiratori, dall'arresto del battito cardiaco, dalla scomparsa dell'attività riflessa; inoltre, la temperatura del corpo tende progressivamente a equilibrarsi con quella dell'ambiente; si manifestano macchie ipostatiche e un particolare tipo di contrattura muscolare detta rigidità cadaverica (rigor mortis). Si dice morte apparente lo stato di un organismo in cui le funzioni vitali sono così ridotte da sembrare scomparse: nell'uomo si verifica molto raramente, solo nei casi di folgorazione, catalessi, letargia, crisi isteriche, avvelenamento, ecc. Per morte fisiologica s'intende il decesso determinato da estrema vecchiezza con decadimento organico generale. Morte cellulare, è la morte di una singola cellula o di un gruppo di cellule che inizia attraverso la percezione di stimoli specifici e definiti, che portano a cambiamenti intercellulari e che culminano appunto con la distruzione della cellula. Si osservano due tipi diversi di morte cellulare: il più noto è la necrosi, o morte traumatica, in cui la cellula perde il controllo del trasporto dell'acqua e degli ioni attraverso la membrana, quindi si gonfia, scoppia e riversa all'esterno il suo contenuto. Recentemente si è osservato un tipo di morte cellulare detto apoptosi, o morte programmata. È un processo relativamente lento che si verifica quando siano presenti condizioni patologiche letali solo per alcune cellule e non per altre. La cellula in apoptosi induce un programma di eventi degenerativi che portano alla distruzione del suo DNA. Viene considerato un vero e proprio suicidio cellulare, e si pensa che sia un meccanismo che entri in funzione per difendere le cellule sane da mutazioni nocive, eliminando genomi danneggiati o infettati da virus.

Biologia: la morte clinica

Al concetto scientifico, filosofico e legale di morte biologica si è affiancato, nella seconda metà del sec. XX, quello di morte clinica le cui implicazioni scientifiche ed etiche, a seguito dello sviluppo della tecnica dei trapianti, sono di enorme portata. Il principio che presiede all'espianto di organi da un donatore perché siano trapiantati in individui la cui vita è compromessa da gravissimi danni permanenti, patologici o post-traumatici, è quello di giudicare “inequivocabilmente irrecuperabile a una forma di vita autonoma” il donatore. Tenendo conto del fatto che l'organo da trapiantare deve avere un metabolismo efficiente, cioè non aver ancora subito le lesioni regressive che intervengono rapidamente dopo la morte, esso deve essere asportato quando le funzioni vegetative (respirazione e circolazione sanguigna) sono mantenute ancora attive mediante un respiratore automatico. Ciò è possibile, in base alla normativa vigente (legge n. 644, del 2 dicembre 1975), quando un soggetto presenta un quadro di inattività cerebrale irreversibile, accertato mediante tracciati elettroencefalografici e rilievi ematochimici controllati per dodici ore. Il concetto di morte clinica non può dunque essere applicato in tutti quei casi nei quali è presente anche una minima attività di base e che, pertanto, possono evolvere sino al recupero di una vita autonoma dopo una fase critica assistita. Le modalità di espianto degli organi sono al centro di un acceso dibattito dal quale sono emerse, fra l'altro, nuove proposte che prevedono di ridurre a sei ore il tempo necessario per procedere a tale intervento. Considerata, infatti, l'estrema sensibilità del tessuto nervoso centrale, il quale giunge a una colliquazione irreversibile già dopo pochi minuti dall'arresto del flusso circolatorio, e il fatto che un soggetto in tali condizioni può vivere solo se supportato da tecnologie avanzate, poiché in caso contrario la morte cerebrale precede inevitabilmente quella biologica definitiva, tale tempo sarebbe sufficiente per considerare un soggetto inequivocabilmente irrecuperabile. Si definisce sindrome della morte in culla la morte improvvisa, per cause sconosciute, che può verificarsi dall'ottavo giorno dopo la nascita fino al termine del primo anno di vita, con un'incidenza media del 2,5‰ tra i bambini di questa età. È più frequente durante l'inverno e, inspiegabilmente, durante il fine settimana che negli altri giorni. Esistono anche Paesi più a rischio, come la Nuova Zelanda e le popolazioni aborigene e degli Indiani d'America. La sindrome della morte in culla, nota anche come SIDS (dall'inglese Sudden Infant Death Syndrome) è stata oggetto negli ultimi anni di ricerche approfondite rivolte a determinarne le cause. Tra le ipotesi, è stata presa in esame una eccessiva sensibilità del cuore, soprattutto per ciò che riguarda la componente nervosa cosiddetta simpatica, che può fare accelerare a dismisura il battito cardiaco. In base a questa ipotesi sarebbero sufficienti, negli individui predisposti, un rumore eccessivo o un piccolo trauma perché avvenga una fibrillazione ventricolare che è spesso causa di morte improvvisa anche nell'adulto. Altre ipotesi riguardano un iposviluppo renale, oppure il ruolo di un virus che attacca le vie respiratorie, il virus respiratorio sinciziale. Nei bambini con polmoni poco sviluppati potrebbe avere conseguenze gravi o fatali. L'ipotesi respiratoria sembra trovare conferme da studi internazionali che hanno messo in risalto come, da quando nel 1992 alcuni ricercatori consigliarono di far dormire i bambini in posizione supina o su un fianco, i casi di morte nei Paesi industrializzati sono diminuiti mediamente del 30%. Tale consiglio trova però resistenza tra i genitori a causa dell'abitudine consolidata, secolare, che è quella di preferire la posizione “a pancia sotto” per i neonati.

Medicina legale

Numerose disposizioni legislative si occupano dei problemi medico-legali della morte. Ogni caso di decesso deve prima di tutto essere accertato con sicurezza allo scopo di escludere episodi di morte apparente e identificare tempestivamente eventuali sospetti relativi ad azione delittuosa; altre norme di legge precisano, inoltre, le modalità d'inumazione delle salme a fini igienici. L'accertamento della morte può esser fatto sulla base dei suddetti segni, che vengono definiti appunto manifestazioni cadaveriche, mentre nei casi dubbi l'incisione di un vaso sanguifero può esser utile, consentendo di accertare se vi sia ancora fuoruscita spontanea di sangue, e quindi vita; inoltre, la mancanza di qualsiasi attività del cervello, evidenziata mediante elettroencefalogramma, è una prova certa della scomparsa dell'attività elettrica cerebrale. In certe circostanze può anche esser richiesto al medico di valutare, sia pure approssimativamente, l'ora, o quanto meno l'epoca, di un decesso, richiesta che può farsi necessaria particolarmente in caso di delitto o di ritrovamento di cadavere, a una certa distanza di tempo dalla morte. In questi casi si usa, fra l'altro, far riferimento non solo allo stato generale del cadavere, ma in particolare alla rigidità cadaverica (che inizia 4-6 ore dopo il decesso, dai muscoli del capo, specie della mascella e della nuca, per poi diffondersi progressivamente sino alle estremità, nell'arco di 48 ore) che si risolve poi nel giro di qualche giorno. Altro mezzo per valutare l'epoca presunta della morte è lo studio delle macchie cadaveriche o ipostatiche: l'arrossamento da ipostasi si realizza 2-3 ore dopo la cessazione dell'attività cardiaca, per lasciare poi posto, 6-8 ore più tardi, a una colorazione più intensamente rossa che non scompare neppure alla pressione digitale; col passare del tempo compaiono poi macchie verdastre, segno di inizio di fenomeni putrefattivi. Nel 1994 è entrata in vigore in Italia una nuova legge (578/93) che stabilisce le nuove norme per l'accertamento e la certificazione di morte. La nuova legge definisce la morte come la cessazione irreversibile di “tutte le funzioni dell'encefalo”. Per quanto concerne l'arresto cardiaco, la morte si intende avvenuta quando la respirazione e la circolazione sono cessate “per un intervallo di tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo” e non inferiore alle 6 ore (rispetto alle 12 della precedente legge). L'accertamento della morte dei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie è effettuata da un collegio medico nominato dalla direzione sanitaria, composto da un medico legale, o, in mancanza, da un medico di direzione sanitaria o da un anatomo-patologo, da un medico specialista in anestesia e rianimazione o, in mancanza, da un neurologo o da un neurochirurgo esperti in elettroencefalografia. I componenti del collegio medico sono dipendenti di strutture sanitarie pubbliche. Nel caso in cui l'accertamento di morte non è stato effettuato secondo tali norme, nessun cadavere può essere chiuso in cassa, sottoposto ad autopsia, a conservazioni, né essere tumulato, cremato o inumato prima di 24 ore dal decesso salvo i casi di decapitazione o di maciullamento. Il regolamento della legge indica le norme fondamentali per accertare e certificare la morte. Stabilisce che l'accertamento della morte per arresto cardiaco può essere fatto da un medico “con il rilievo grafico continuo dell'elettrocardiogramma, protratto per non meno di 20 minuti primi”. Per accertare la morte di una persona con lesioni al cervello e sottoposta a rianimazione sono previste tre condizioni: stato di incoscienza; assenza di riflessi del tronco e respiro spontaneo; silenzio elettrico cerebrale. L'osservazione del soggetto deve avere una durata non inferiore a 6 ore, con la sola eccezione dei bambini (12 ore per quelli fra 1 e 5 anni, 24 ore per quelli di meno di un anno). La simultaneità delle tre condizioni dovrà essere rilevata per tre volte da un collegio medico. Questo è composto da un medico legale, uno specialista in anestesia e rianimazione e un neurofisiopatologo, tutti pubblici dipendenti, che devono pronunciarsi all'unanimità. Il testo disciplina anche i parametri e i metodi strumentali. Gli elettroencefalogrammi devono essere praticati da tecnici di neurofisopatolgia sotto supervisione medica.

Diritto

La morte è l'estinzione della persona fisica. Secondo le leggi sanitarie, il medico deve denunciare al sindaco le cause della morte entro 24 ore dalla conoscenza del decesso; nello stesso spazio di tempo deve essere fatta la dichiarazione di morte da parte di un congiunto o di un convivente del defunto o da persona informata della morte all'ufficiale dello stato civile del luogo dove si è verificata affinché questi l'annoti nell'apposito registro; l'atto di morte deve indicare il luogo, il giorno e l'ora della morte, le generalità complete del defunto e di colui che l'ha dichiarata. § La morte produce molteplici conseguenze giuridiche: la più importante è la successione a causa di morte, per cui l'erede subentra al defunto in tutti i diritti e obblighi trasmissibili (successione a titolo universale) e il legatario subentra in rapporti determinati (successione a titolo particolare). Nella casistica sulla morte si ha la presunzione di commorienza, quando è impossibile accertare se in un sinistro una persona sia morta prima o dopo di un'altra: il diritto le considera entrambe morte nello stesso momento; la morte presunta, contrapposta alla morte naturale, è una presunzione che regola i rapporti giuridici riguardanti persone scomparse senza dare notizie di sé da più di 10 anni o anche da minor tempo se la scomparsa è avvenuta durante guerre, disastri, terremoti, ecc. La morte presunta è dichiarata con sentenza e produce gli stessi effetti della morte naturale con la clausola che, accertata l'esistenza del morto presunto, questi recupera tutti i suoi diritti. § Per il diritto penale la morte dell'imputato prima della condanna estingue il reato, dopo la condanna estingue la pena.

Diritto: pena di morte

Presente in quasi tutti i codici dell'antichità e del Medioevo, la pena di morte era applicata in una lunga serie di casi ed era spesso eseguita in modo crudele ed efferato: rogo, crocifissione, strangolamento, squarciamento, lapidazione, ecc. Ancora nel sec. XVIII numerosi erano i delitti condannati con la pena capitale: a suo sostegno si adduceva la necessità di dare sicurezza a tutto il corpo sociale e un esempio capace di distogliere da tali delitti. In realtà i codici non avevano ancora recepito il principio della capacità redentiva della pena ed erano ancora fermi alla sua funzione punitiva. Proprio in quel tempo però si alzarono le prime voci contrarie: in Francia si oppose alla pena di morte Voltaire, in Italia C. Beccaria e sulla loro scia numerosi giuristi. Essi avanzavano tre argomenti principali: la inviolabilità della vita umana, il carattere meramente vendicativo della legge, l'irrevocabilità della pena. Effetti di questo vasto movimento d'opinione furono l'abolizione dei tormenti, che spesso si accompagnavano all'esecuzione capitale, e la riduzione dei delitti puniti con la morte. Pochi furono i casi di abolizione, per esempio in Toscana. In Italia la Camera dei Deputati, nel 1865, avanzò una proposta di abolizione, che fu però respinta dal Senato; a essa si pervenne con il codice Zanardelli, nel 1889. Il fascismo la ripristinò nel 1926 per i delitti politici e nel 1930 la estese anche ai delitti comuni più gravi. Fu poi soppressa nel 1944 e definitivamente abolita anche dal Codice Militare di guerra nel 1994. Secondo i dati forniti da Amnesty International, alla fine del sec. XX oltre 90 Paesi conservavano e applicavano la pena di morte, mentre in oltre 20 Paesi, anche se formalmente prevista, era di fatto abolita e non più praticata da almeno dieci anni. Infine una decina di Paesi la prevedevano solo per casi eccezionali, come potevano essere i reati commessi in tempo di guerra. Nel dicembre del 2007 l'Assemblea generale dell'Onu ha approvato la risoluzione per la moratoria contro la pena di morte nel mondo (presentata e sostenuta dal governo italiano) con 104 voti a favore, 54 contro e 29 astenuti.

Etnologia

Fra le popolazioni d'interesse etnologico, soltanto la morte dei vecchi inabili e dei bambini è vista come dovuta a cause naturali, per cui non vi sono manifestazioni esteriori di lutto o elaborati riti funebri, perché i bambini non sono ancora integrati nella cultura e i vecchi ormai non ne fanno più parte. Se invece muore un adulto, è necessario accertare se qualche forza malefica o soprannaturale gli abbia sottratto l'anima. Infatti alla malattia è sempre attribuita un'origine magica, dovuta a colpe del malato o ad attività malevole di un nemico. Stabilire la causa della malattia o della morte è importante a fini sociali, poiché una morte dovuta a un atto di stregoneria richiede la ricerca del colpevole, ordalie e vendette, nel caso che si individui il responsabile. Però, qualunque ne sia la causa, la morte di un uomo o di una donna adulti e attivi, sia socialmente sia economicamente, provoca un disordine nella società, anche perché le anime dei trapassati sono molto temute. Infatti si pensa che esse siano apportatrici di bene e di male al gruppo, secondo il tipo di morte, del dolore dei superstiti e del trattamento a cui è stato sottoposto il cadavere. Perciò il cadavere, anche nelle culture più semplici, è lavato, unto, vestito degli abiti e degli ornamenti migliori; e spesso col morto si seppelliscono tutti i suoi beni mobili. Il trattamento del cadavere e la preparazione del corredo funerario sono fra gli atti rituali che seguono a una morte; oltre a questi vi sono la preparazione della tomba, il lutto e il banchetto funebre. In genere queste manifestazioni hanno carattere collettivo. È diffusa l'usanza di mettere vicino al morto figurine antropomorfe e oggetti. Le forme di sepoltura non sono distribuite in modo omogeneo, e all'interno di una stessa cultura possono coesistere forme diverse, a volte determinate dal tipo di morte, dall'età, dal censo, dal rango o dal sesso dei defunti. La forma più semplice è l'abbandono del cadavere; l'esposizione di esso su piattaforma o su rami di albero prelude spesso a una sepoltura vera e propria delle ossa una volta eliminate le parti molli del corpo. Frequente la pratica della combustione, nei due tipi della cremazione e dell'incinerazione. Dopo la cremazione o l'eliminazione delle parti molli, il cranio riceve un trattamento particolare, tra cui il modellamento dei lineamenti del morto con varie sostanze, o con l'applicazione di una maschera (Oceania). La mummificazione è condizionata sia dal livello tecnico del gruppo, sia da fattori ambientali. L'imbalsamazione vera e propria è caratteristica solo delle civiltà superiori (Ande). Esiste anche la deposizione del cadavere in mare, o la sua immersione in acque ferme o stagnanti. Ma il tipo di sepoltura più diffuso è l'inumazione. Molto rari i monumenti funerari, e in genere dopo il lutto la tomba è abbandonata, a meno che non si tratti di tombe regali, oggetto continuo di culto. Nei riti funebri, ogni atto esprime il distacco dei congiunti e della comunità dal defunto e il distacco del morto dal suo mondo terreno. Esistono inoltre riti di transizione e riti di incorporazione del defunto nel mondo dei morti. Il lutto è un periodo di transizione e impurità per i superstiti, per cui essi devono poi essere reinseriti nel gruppo con un rito purificatorio. Il lutto è più stretto e lungo per i parenti più vicini e durante questo periodo la vita sociale dei parenti stretti è sospesa e, se il defunto era un capo o un re, questo stato coinvolge tutto il gruppo. Nei secoli XX e XXI le scienze umane si sono concentrate sul tema della morte: hanno esplorato le dimensioni storiche, analizzato l'organizzazione sociale intorno all'atto stesso del morire nelle culture occidentali e ricostruito l'immaginario della morte sviluppatosi in epoca contemporanea.

Filosofia

Considerata nel suo rapporto specifico con l'esistenza umana, la morte può essere concepita: come inizio di un ciclo vitale, come fine di un ciclo vitale, come possibilità esistenziale. Tutte le dottrine che affermano l'immortalità dell'anima intendono la morte come inizio di una nuova vita. In quanto fine di un ciclo vitale, se si ammette l'immortalità dell'anima, la morte è solo la fine della sola vita fisica e materiale; se l'immortalità negata, la morte è la fine di tutta la vita, inclusa quella dell'intelligenza e dello spirito. In entrambi i casi la morte denuncia la limitatezza della vita umana. L'esistenzialismo definisce la morte possibilità esistenziale nel senso che, mostrando il limite e la finitezza dell'uomo, rende possibile l'esistenza stessa come esistenza autentica, proprio perché continuamente minacciata e resa precaria dalla morte.

Religione

Secondo il pensiero biblico la morte dell'uomo è un evento essenzialmente negativo e doloroso, che annienta l'individuo nella sua totalità materiale e spirituale. Essa è conseguenza e punizione del peccato (Genesi 2; San Paolo, Epistola ai Romani, 6), che signoreggia l'uomo come una potenza nemica tanto a lui quanto a Dio. Esula dall'Antico Testamento ogni credenza nell'immortalità dell'anima, che è propria invece della tradizione greca. Il Nuovo Testamento riprende la concezione sviluppatasi nel giudaismo, per il quale la possibilità di superare la morte è data all'uomo soltanto con la resurrezione, che è dovuta a un atto creatore di Dio (San Paolo, I Epistola ai Corinzi, 15): circa la condizione dei defunti tra il momento della morte e quello della resurrezione, il Nuovo Testamento non offre una dottrina sistematica (tale condizione è spesso caratterizzata come un “dormire”). Essenziale invece, nell'ambito del pensiero neotestamentario, è l'idea che il credente sia sottratto alla morte sin dal momento in cui ripone la propria fede in Cristo (Vangelo di Giovanni, 11): ciò significa che la vita cristiana è condizionata non dal destino della morte, ma dalla speranza della resurrezione.

Iconografia

Raffigurata nell'antichità pagana come un genio alato, nell'arte paleocristiana la morte non ha una precisa iconografia: essa è rappresentata talvolta dal genietto con la falce riversa, talvolta dal tipo dell'Arpia greca. Nel Medioevo comparvero tre temi fondamentali: l'Incontro dei tre vivi e dei tre morti, la Danza macabra e il Trionfo della morte. Il primo motivo, di origine orientale e diffuso in Occidente verso il sec. XIII, rappresenta, con varianti, tre giovani principi di ritorno dalla caccia che si imbattono in tre cadaveri putrefatti o già scheletriti che li ammoniscono: “Eravamo quali voi siete, sarete quelli che siamo” (affresco nel Sacro Speco di Subiaco; miniatura di J. Colombe nelle Très riches Heures du duc de Berry, Chantilly, Musée Condé). Verso la fine del Medioevo questo tema si sviluppò, soprattutto in Francia e in Germania, nella Danza macabra, il cui motivo fondamentale non è più la paura della morte, ma l'eguaglianza di tutti gli uomini, ricchi e poveri, laici ed ecclesiastici, ecc., davanti a essa, e dove i morti sono raffigurati come cadaveri disseccati, rivestiti ancora di qualche brandello di carne (solo nel sec. XVI comparvero gli scheletri). La Danza macabra ebbe particolare fortuna in Francia e soprattutto nei Paesi germanici, con numerose varianti. Un'evoluzione del tema è segnata dalle Imagines mortis di H. Holbein il Giovane, scene di piccolo formato in cui la morte coglie d'improvviso le sue vittime nello svolgimento delle loro azioni quotidiane: il re tra i suoi cortigiani, il contadino presso l'aratro, ecc.; Hans Baldung Grien, invece, unì spesso al tema macabro dell'incontro della morte con la vita (La Morte e il lanzichenecco, incisione, Modena, Galleria Estense) quello dell'erotismo (La Morte e la fanciulla, tavola, Basilea, Kunstmuseum). In Italia ebbe maggior diffusione il tema del Trionfo della morte, derivato probabilmente dai Trionfi petrarcheschi, con lo scheletro a cavallo (con o senza falce) suggerito dall'Apocalisse (affresco anonimo proveniente da palazzo Sclafani, Palermo, Galleria Nazionale). Esemplare per intensità espressiva il disegno di A. Dürer con la Morte incoronata a cavallo (Londra, British Museum), ispiratogli dalla peste del 1505. Nel sec. XVII il senso della morte incombente fu frequentemente espresso in nature morte (note come Vanitas) con un teschio accanto a un bicchiere rotto, a una candela che si consuma, a una bolla di sapone, ecc., simboli della precarietà della vita. In epoca neoclassica la morte tornò a essere raffigurata come un genio alato. Nei primi del Duemila artisti come Andres Serrano rappresentano realisticamente la morte nei loro lavori, come nella serie fotografica The Morgue, 1992, che mostra cadaveri mutilati e squarciati.

Per la filosofia, la religione e l'etnologia

J. Vuillemin, Essai sur la signification de la mort, Parigi, 1955; L. V. Thomas, Anthropologie de la mort, Parigi, 1974; E. De Dominicis, La morte come opzione finale nel pensiero di alcuni “tomisti”, L'Aquila, 1990.

Per l'arte

L. Guerry, Le thème du triomphe de la mort dans l'art italienne, Parigi, 1950; H. Rosenfeld, Der Mittelalterliche Totentanz, Colonia, 1954; L. Reau, Iconographie de l'art chrétien, Parigi, 1957; J. J. Bachofen, Il simbolismo funerario degli antichi, Napoli, 1989.

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