microplàstica

Particelle di plastica estremamente piccole (da 0,0001 mm a 5 mm) che si formano in seguito all’usura e al deterioramento di frammenti di plastica di maggiori dimensioni, compresi i tessuti sintetici, oppure fabbricate e aggiunte a determinati prodotti, come fertilizzanti, cosmetici, detergenti per uso domestico e industriale, prodotti per la pulizia, vernici e prodotti per le industrie petrolifera e del gas. Nei prodotti di consumo le particelle di microplastica sono note soprattutto per le loro proprietà abrasive (per esempio come agenti esfolianti e leviganti in cosmetici che vanno sotto il nome di microgranuli), ma possono svolgere anche altre funzioni, come controllare lo spessore, l’aspetto e la stabilità di un prodotto.
Secondo le stime l’utilizzo complessivo annuo di microplastica in Europa ammonta a circa 50.000 tonnellate e ogni anno ne vengono rilasciate nell’ambiente circa 36.000 tonnellate, che entrano nella catena alimentare accumulandosi negli organismi di animali, pesci e molluschi, e di conseguenza vengono assunte sotto forma di cibo dagli esseri umani. Secondo alcuni studi le microplastiche sono presenti anche nell’acqua potabile che esce dai rubinetti più o meno in ogni parte del mondo, con concentrazioni variabili nei diversi Paesi. In seguito alle preoccupazioni emerse in relazione all’ambiente e alla salute umana, nel 2018 l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (European Chemicals Agency, ECHA) ha esaminato la necessità di una restrizione all’immissione sul mercato o all’uso di particelle di microplastica aggiunte intenzionalmente. Diversi Stati dell’Unione Europea hanno già emanato o proposto divieti a livello nazionale: in Italia dal 1° gennaio 2020, in ottemperanza alla Legge 27 Dicembre 2017 n. 205, è vietato mettere in commercio prodotti cosmetici a risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche.

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