Lessico

sf. [sec. XVI; dal francese mine].

1) Ant., miniera; anche galleria di passaggio in una miniera; cunicolo sotterraneo.

2) Nella tecnica militare, ordigno esplosivo.

3) Nell'industria mineraria, complesso costituito da una dose di esplosivo (carica) innescato con detonatore a miccia o elettrico, intasato in un foro (a fornello o a camera) praticato in una roccia o in un'opera murata che debbono essere frantumate dall'esplosione.

4) Sottile cilindro di grafite incorporato nel cannello di legno della matita o inserito nel portalapis.

Militaria: mine terrestri

Il termine, di origine antica, si riferiva in passato a un complesso sistema di cunicoli sotterranei contenenti una o più cariche di polvere nera, comunemente realizzato dagli assedianti per far saltare le mura delle fortezze. La tecnica della mina, portata alla massima perfezione dal Vauban (1633-1707), veniva contrastata da una rete analoga, detta contromina, che, costruita in precedenza, consentiva agli assediati di controllare i lavori di mina degli assedianti e di farli saltare prima che si avvicinassero troppo. Mentre le gallerie di mina erano dritte e relativamente superficiali, quelle di contromina avevano un andamento a zig-zag ed erano situate in genere a un livello inferiore. I vani o pozzi, in cui venivano collocati i barili catramati pieni di polvere nera, erano detti fornelli. Nel caso di disponibilità di acqua era previsto l'allagamento delle reti di mina o contromine per renderle inservibili. Durante la prima guerra mondiale, mentre è avvenuto il progressivo abbandono della tecnica della mina, è nata la mina-torpedine, poi semplicemente mina nell'accezione moderna. I Tedeschi, per contrastare l'avanzata dei primi carri armati inglesi, trovarono utile interrare verticalmente proiettili di artiglieria in modo che la spoletta (a percussione) affiorasse leggermente e venisse quindi urtata dal cingolo del carro. Verso la fine della guerra furono costruite vere mine anticarro, costituite da involucri piatti contenenti 2-3 kg di tritolo. L'uso massiccio di mine anticarro si è avuto però nella seconda guerra mondiale, specialmente in Africa e sul fronte russo. Le mine anticarro moderne hanno un peso di 7-8 kg con una carica di 5-6 kg di tritolo e un carico di funzionamento di 100-120 kg. Largamente usate sono anche le mine antiuomo, di concezione analoga ma molto più piccole e sensibili. Esse sono utilizzate per costituire campi minati antiuomo o per essere alternate alle mine anticarro. Alcune mine antiuomo sono camuffate da oggetti comuni (booby traps). Per rendere difficile o impedire del tutto l'individuazione delle mine con i cercamine elettromagnetici, le mine vengono talvolta costruite con plastica, legno e metalli non magnetici.

Militaria: mine marine

In marina (più tecnicamente torpedine) si indica un'arma subacquea impiegabile contro navi e sommergibili da parte di navi di superficie, sommergibili, aerei. Apparsa al tempo della guerra russo-giapponese del 1904-05, la mina divenne, nel corso del primo conflitto mondiale, una delle armi più temibili per le navi da guerra e mercantili, nonché per i sommergibili naviganti in immersione a quote non molto profonde. Nel corso della seconda guerra mondiale essa ebbe ulteriori sviluppi, giungendo, con le armi “a influenza” (magnetiche e acustiche), a livelli tecnici di alta perfezione, cui si dovettero in molte occasioni gravissime perdite di naviglio. Nonostante i progressi notevoli del “dragaggio” (cioè dei mezzi di localizzazione, salpamento, distruzione, caccia mine), la mina rappresenta ancora uno dei più gravi pericoli per la navigazione. Benché molti dati sulle armi attuali siano tenuti gelosamente segreti, si possono tuttavia tracciare le linee fondamentali lungo le quali si sono sviluppate le mine odierne. Innanzitutto si distinguono ancora le mine ad ancoramento da quelle da fondo: le prime constano essenzialmente di una cassa (solitamente sferica) contenente un certo quantitativo di esplosivo, che viene ancorata al fondo mediante una pesante ancora metallica cui è collegata con cavo d'acciaio. Essa esplode se una nave la urta, o, nei tipi ad antenna, se la nave le passa sopra urtando una antenna di filo di rame a essa collegata. È immersa a qualche metro di profondità per assicurare il grave danneggiamento della carena della nave o, se destinata a distruggere sommergibili, è immersa a oltre 3 m dal pelo dell'acqua. La carica può raggiungere anche i 1000 kg di peso e la profondità di ancoramento può arrivare ai 100 m. Ve ne sono tipi in cui la carica è frazionata in più elementi, scaglionati a profondità diverse. Le mine a influenza, generalmente cilindriche, vengono invece posate direttamente sul fondo a profondità inferiori ai 100 m. Quando il loro congegno di attivazione è influenzato dalla massa magnetica di una nave, o dal suo rumore, o dalla variazione di pressione provocata dal passaggio di una nave sulla verticale, esse esplodono.

Tecnica: industria

Le mine possono essere costituite dalla sola carica innescata, applicata all'esterno della struttura da demolire. L'esplosione si provoca accendendo la miccia o inviando corrente nel circuito elettrico del detonatore. Le mine servono per lo scavo di gallerie stradali, ferroviarie, metropolitane, per costruzioni idrauliche e marittime, scavi di fondazione, bonifica di terreni agricoli, nell'industria mineraria, per l'abbattimento dei minerali e lo scavo di gallerie e pozzi. Le mine ordinarie, lunghe da 1 a 3 m e più, diametro del foro 2÷4 cm, si caricano con esplosivi dirompenti: l'intasamento, molto importante per l'effetto utile della mina, è fatto a mano o meccanicamente ed evita che la mina “faccia cannone” cioè che il suo effetto sia nullo. Spesso le mine vengono raggruppate in volate e disposte secondo prestabiliti piani di tiro; si fanno esplodere a intervalli di frazioni di secondo una dall'altra mediante ritardatori. Per abbattere grandi masse di roccia nelle cave, come pure nei lavori stradali e portuali, si adottano mine a camera, cioè disposte secondo un piano orizzontale, oppure mine a fornello, cioè disposte in cavità praticate al fondo di una galleria.

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