carèna

Indice

Lessico

(antico o lett. carina), sf. [sec. XIV; latino carina].

1) La parte immersa di un corpo galleggiante in acqua tranquilla (in particolare, lo scafo di una nave), delimitata superiormente dal piano di galleggiamento. Negli idrovolanti a scafo centrale e nei galleggianti di questi, la parte che rimane immersa nell'acqua a velivolo fermo. Anche la parte inferiore del corpo dei dirigibili. Nel linguaggio marinaro: abbattere in carena, piegare la nave su un fianco.

2) Per metonimia, nell'uso poetico, la nave stessa: “Già i capaci / vadi del porto la carena attinge” (Foscolo).

3) Per estensione, organo animale o vegetale, o parte di esso, che richiama la forma della chiglia di una nave: A) in anatomia, sporgenza o protuberanza a forma di cresta: carena nasale, piccola sporgenza triangolare delle fosse nasali, posta anteriormente ai turbinati medio e inferiore; carena tracheale, protuberanza della trachea in corrispondenza della sua biforcazione nei due bronchi principali; carena o tubercolo uretrale (vedi caruncola). B) In zoologia, carena dello sterno, lamina ossea sporgente che dà inserzione ai muscoli pettorali motori delle ali degli uccelli carenati. Anche la piastra dell'esoscheletro dei Crostacei Cirripedi situata in posizione mediana dorsale. C) In botanica: a) porzione inferiore, ristretta e sporgente di organo vegetale, per esempio nelle glume di alcune Graminacee; b) porzione inferiore della corolla papilionacea, caratteristica delle Leguminose, costituita da due petali che si avvicinano e talvolta si saldano per il margine inferiore, venendo a racchiudere all'interno gli stami e il pistillo.

Nautica

La superficie esterna, il volume e il centro di volume del solido costituente la parte immersa del corpo galleggiante sono rispettivamente la superficie, il volume e il centro di carena . Il peso d'acqua spostata (volume pari al volume di carena) fornisce il valore della spinta idrostatica, la cui retta d'azione passa per il centro di carena ed è perpendicolare al piano di galleggiamento. Con diversi piani di galleggiamento si possono individuare sul corpo galleggiante diverse carene, tra le quali, in particolare, le isobate, le isocarene e le isocline. Nel caso della nave ci si riferisce di solito al piano di galleggiamento di progetto; nei calcoli si prendono anche in considerazione le carene diritte, cioè delimitate da un certo numero di piani di galleggiamento paralleli a quello di progetto, e le carene inclinate, cioè individuate da piani di galleggiamento inclinati trasversalmente e longitudinalmente rispetto a quelli diritti. Le carene delle navi, anche dette “opera viva”, in contrapposizione alla parte emersa detta “opera morta”, vengono di solito provate alla vasca navale; qui, a volte, si distingue tra carena con appendici e carena nuda, cioè priva di propulsori, timone, alette di rollio, bracci e ringrossi per la fuoruscita dallo scafo, per il sostegno degli alberi portaelica, ecc. Elementi caratteristici di una carena sono le sue dimensioni principali (lunghezza tra le perpendicolari, larghezza massima, immersione media, profondità), alcune superfici (figura di galleggiamento, parte immersa della sezione maestra, piano di deriva), il suo volume, alcuni rapporti tra dimensioni lineari e i coefficienti di finezza (rapporti tra superfici e rapporti tra volumi). La forma dell'intero scafo, e quindi quella della carena, è definibile analiticamente solo in casi particolari, per cui nel progetto di una nave si ricorre di solito alla sua rappresentazione geometrica mediante il piano di costruzione. Le forme e gli elementi caratteristici della carena hanno notevole influenza su molte qualità della nave dal punto di vista sia statico sia dinamico; a tal proposito, nella fase preliminare di progetto, vengono utilizzati anche i cosiddetti coefficienti dell'ammiragliato. Sono questi valori che consentono di paragonare tra loro curve delle resistenze d'onda per diverse carene, già sperimentate in vasca navale, e di prevedere la potenza cavalli effettiva della carena in esame in base ai coefficienti medi di carena simili; tutto ciò permette di mettere in rapporto il dislocamento di una determinata carena rispettivamente con la velocità e la potenza di rimorchio. Per quanto riguarda il comportamento durante il moto, le carene si possono dividere in due classi: dislocanti e plananti. Nelle prime la spinta (che eguaglia il peso) è dovuta per la massima parte alla pressione statica dell'acqua sulla carena. Nelle seconde, all'aumentare della velocità di avanzamento si sviluppa sul fondo della carena un'azione idrodinamica la cui componente verticale raggiunge un valore prossimo a quello del peso del natante; questo, pertanto, anziché continuare a fendere l'acqua, si solleva fino a scivolarvi sopra, con una riduzione della resistenza all'avanzamento, il che consente di ottenere forti velocità con ragionevoli valori di potenza installata sulla nave. Tale comportamento è possibile, naturalmente, se il natante non è stato sovraccaricato e quindi le sue condizioni sono nell'ambito di quelle per le quali è stato progettato. Carene plananti, in varie forme e con diversi nomi (ad ala di gabbiano, a spigolo, a cattedrale, a catamarano, ecc.), sono largamente impiegate nella motonautica da diporto "Per gli schemi di carena vedi pag. 448 del 5° volume." . "Per gli schemi di carena vedi il lemma del 5° volume."

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