morfologìa

Indice

Lessico

sf. [sec. XIX; morfo-+-logia, sul modello del tedesco Morphologie].

1) Descrizione e studio delle forme in genere, con diversi sensi specifici in relazione ai vari fenomeni che costituiscono l'oggetto particolare di una determinata disciplina.

2) Per estensione, aspetto fisico di un fenomeno, conformazione naturale, specialmente nell'uso geografico: morfologia di una regione.

Biologia

Branca della biologia che studia la forma e la struttura degli organismi viventi e il modo in cui questi si sviluppano. Riferita alle piante è spesso detta anatomia morfologica; dell'anatomia umana e comparata fanno parte varie sue sezioni. La morfologia può essere distinta in morfologia descrittiva, che descrive le varie strutture delle diverse specie; promorfologia, che studia la disposizione delle singole parti rispetto all'insieme dell'organismo; morfologia comparata o animale, che indaga con metodo comparativo le strutture di organismi diversi; morfologia patologica, che studia le alterazioni di forma o struttura degli organi, apparati o sistemi colpiti da malattia; morfologia sperimentale o causale, che studia la formazione degli organi o tessuti, o la morfogenesi.

Grammatica

Parte della grammatica che, occupandosi dei morfemi, studia la formazione e composizione delle parole e le varie forme che esse possono assumere nel discorso al fine di esprimere determinate funzioni e relazioni. Per la grammatica tradizionale, e ancor oggi nel comune insegnamento scolastico, la morfologia costituisce la parte più importante della grammatica in quanto ha per oggetto le parti del discorso e la definizione delle categorie grammaticali (genere, numero, caso nei nomi; diatesi, persona, tempo, modo nei verbi). La morfologia ha stretti rapporti con la fonetica e la sintassi; vi sono infatti fenomeni fonetici che vengono ad assumere un valore morfologico. Le più recenti correnti linguistiche hanno riunito la morfologia e la sintassi in un'unica disciplina, la morfosintassi.

Urbanistica

Studio della forma della città, delle sue variazioni e delle cause che concorrono alla determinazione e alla modificazione della sua struttura e del suo territorio (morfologia urbana e territoriale). Il termine è equivocamente usato anche per definire la cosa stessa della quale costituisce lo studio (morfologia urbana è insieme la struttura urbana e il suo studio). Benché manchi ancora di una precisa formulazione di concetti categorici o di parametri operabili (manca per esempio il corrispettivo del morfema della morfologia linguistica; manca l'articolazione, propria della morfologia biologica, tra morfologia comparata e morfologia sperimentale), la morfologia urbanistica ha tuttavia conseguito conquiste importanti per l'analisi e progettazione dell'ambiente, soprattutto nella chiarificazione dei concetti di processualità e relazionalità del fenomeno insediativo. In particolare si fonda sull'idea che la città fisica si formi come struttura di parti correlate, storicamente modificantisi secondo leggi determinate e con ricorrenza di certe costanti e perciò sia indagabile scientificamente attraverso descrizione, comparazione, classificazione, ecc. dei fenomeni singolari nei loro processi di trasformazione; che si possa studiare l'autonoma vita delle forme liberata dalla subordinazione alle funzioni d'uso; che esista il problema di riconoscimento, interpretazione e progettazione di “morfologia urbane”, non riportate soltanto alla scala dell'oggetto architettonico. Morfologia sta allora, da una parte, per “forma urbana” (togliendo al concetto la consueta idea di staticità della “figura” fisica), dall'altra per “tipologia urbana”, dando al concetto attributi insieme funzionali e formali, e storici (liberandola cioè dal semplicismo funzionale della tipologia positivista). L'uso della morfologia in urbanistica, sotto l'influsso di linguistica e strutturalismo, ricorre tra l'altro al concetto di modello, o di struttura, in quanto simulacro dell'oggetto analizzato secondo i parametri di quella, e non altra, struttura. Se, però, è già possibile parlare di morfologia a proposito di tanti modelli di forma o di crescita urbana (radiocentrico, lineare, ecc.) e territoriale (modulo esagonale del Christaller), è soltanto all'interno di più recenti analisi e sperimentazioni progettuali che assume senso l'uso di “modelli morfologici”, in quanto strumenti di progettazione urbana capaci di stabilire in fasi intermedie l'idea di città e delle sue parti nelle caratteristiche “strutturali”, necessarie in quella fase ma ulteriormente interpretabili (in senso funzionale, geometrico, tecnologico, percettivo, ecc.) da parte dell'intervento architettonico. È importante allora per la morfologia la chiarificazione del rapporto tra l'idea della città e la sua realtà empirica. Esiste cioè la possibilità di guardare alla città come “cosa umana”, prodotto dell'applicazione e modificazione di diversi modelli culturali, attraverso vari strumenti e obiettivi storicamente determinati. Infine, il concetto di morfologia in urbanistica, al di qua delle diversità di tendenze, sembra poter assumere il suo ruolo più positivo nel sostituire all'idea della “forma” finita e statica della città storica quella di “forma come processo” dello sviluppo urbano e territoriale contemporaneo, secondo relazioni tra gli elementi che rinuncino alla meccanica subordinazione o corrispondenza tra città e tipologia edilizia e tenendo invece conto della crescente molteplicità tipologica, dell'interscalarità delle relazioni, della variabilità continua caratteristica dell'insediamento contemporaneo.

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