Lessico

(anche musàico), sm. (pl. -ci) [sec. XIV; dal latino medievale musaicus, propr. delle Muse].

1) Tecnica pittorica usata per la decorazione pavimentale o parietale, comunque su larghe superfici, ottenuta mediante l'accostamento di piccoli parallelepipedi di pietre naturali, paste vitree, terracotta, marmi, madreperla, applicati sulla superficie tramite il supporto di un letto di calce, stucco, gesso o cemento, che garantisce la durevolezza dell'opera; l'opera, la decorazione ottenuta: i mosaici di S. Apollinare Nuovo.

2) Estens. e fig., qualsiasi superficie formata da elementi eterogenei; mescolanza o giustapposizione di elementi diversi: la regione si frazionò in un mosaico di territori; la sua cultura è un mosaico di conoscenze.

3) In genetica, costituzione a mosaico, vedi mosaicismo.

4) In botanica, tipico sintomo di virosi costituito da maculature che compaiono sulle foglie, di un verde più tenue del normale, oppure bianche o gialle, o anche di un giallo acceso (mosaico tipo aucuba, per la somiglianza che le foglie alterate assumono con quelle dell'aucuba). Di regola tali infezioni non sono letali, ma tuttavia possono compromettere il normale sviluppo delle piante. Tra le specie più interessate dal fenomeno sono il tabacco, la patata, la barbabietola, il cetriolo, il fagiolo, nonché vari alberi da frutto (fico, melo, pesco, ecc.).

5) In elettronica, superficie di esplorazione presente nei tubi di ripresa televisiva (Orthicon, Vidicon) su cui, per effetto fotoelettrico, si localizzano delle cariche elettriche proporzionali all'intensità luminosa dei punti in cui può considerarsi suddivisa la scena da riprodurre.

6) In psicologia, test del mosaico, test di personalità realizzato dalla psicologa M. Lowenfeld, consistente in una serie di 465 pezzi di legno in sei colori, con cui devono essere composte delle figure.

Arte: la tecnica

Nella tecnica musiva più diffusa, fin dall'antichità, i piccoli parallelepipedi (detti abakískoi dai Greci e abaculi o tessere dai Romani), rastremati all'estremità per favorire l'adesione al supporto, erano di dimensioni variabili e ottenuti da masse di paste vitree (dette pani o pizze) martellate e ridotte in frammenti. La massa vitrea, composta di silicati di piombo, calcio e potassio, opacizzata da fosforo di calcio, era colorata nelle diverse sfumature con l'aggiunta di ossidi metallici; l'oro e l'argento, invece, erano applicati sulle tessere in una sottilissima foglia, poi ricoperta da una fine pellicola di vetro trasparente. La gamma coloristica del mosaico può essere molto ridotta (mosaici pavimentali romani con tessere bianche e nere o di pochi altri colori) oppure estremamente ricca (nei mosaici di S. Maria Maggiore a Roma, sec. V). L'esecuzione del disegno a mosaico avveniva con uno schizzo tracciato col carbone o a pennello sul primo strato di intonaco, mentre sull'ultimo strato si stendevano colori ad acqua per servire da guida all'inserimento delle tessere colorate che venivano poste con leggere inclinazioni, in modo da ottenere quella particolare rifrazione della luce che costituisce il fascino maggiore di questa tecnica. I precedenti più antichi del mosaico si possono rintracciare nelle prime civiltà dell'Asia Minore (si ricorda lo Stendardo di Ur, realizzato con intarsi di madreperla e frammenti di lapislazzuli) e in Egitto, ma l'elaborazione completa della tecnica e la sua maggior diffusione avvennero nella civiltà greca a cominciare dal sec. V, con un punto di massimo splendore in periodo ellenistico (mosaico a ciottoli policromi con scene di caccia rinvenuti a Pella, in Macedonia; mosaico pompeiano della Battaglia di Isso, Napoli, Museo Archeologico Nazionale) e successivamente nel mondo romano.

Arte: dall'epoca romana a quella bizantina

È appunto in epoca romana che si perfezionarono diverse tecniche di applicazione del mosaico: l'opus sectile, ottenuto con frammenti di marmo colorati, serviva per decorazione parietale, mentre per la pavimentazione venivano usati l'opus tessellatum, formato da cubetti di pietre e marmi di taglio regolare, e l'opus vermiculatum, dalle tessere assai minute, di marmi e paste vitree; da quest'ultimo derivò l'opus musivum, il mosaico parietale a tessere di pasta vitrea, smalti, madreperla. In età imperiale la diffusione del mosaico in case private e in edifici pubblici si estese dall'Italia ai più remoti centri dell'Impero, soprattutto tra il sec. II e il sec. V. Ai mosaici in bianco e nero, usati spesso nella decorazione delle terme, si affiancarono i grandi complessi policromi con scene mitologiche, allegoriche, di caccia, di vita agreste. Tra gli esempi più noti vi sono i mosaici africani della Tunisia, quelli della villa di Piazza Armerina in Sicilia, di Antiochia, dei palazzi di Treviri e di İstanbul. L'opus musivum raggiunse i più alti risultati stilistici in epoca paleocristiana e bizantina, in Oriente come in Occidente. Lo splendore dei fondi oro dei mosaici bizantini era insieme manifestazione di fasto terreno e simbolo del divino; si ricordano come esempi i grandi cicli musivi a Ravenna, İstanbul, in tutta la Grecia bizantina, in S. Marco a Venezia .

Arte: dal Rinascimento a oggi

Caduto in buona parte in disuso nel periodo romanico (praticamente confinato nella pavimentazione o in particolari decorativi, come nelle tipiche decorazioni cosmatesche) e maggiormente in epoca gotica, il mosaico conobbe una certa ripresa nel Rinascimento, ma la volontà di avvicinarlo agli effetti della pittura ne snaturò le qualità essenziali di astrattezza formale e sintesi coloristica. Un rinnovato interesse per le possibilità decorative del mosaico applicato all'architettura si ebbe verso la fine dell'Ottocento, sia nell'ambito dei revivals storicistici, sia nel gusto dell'Art Nouveau (vero capolavoro in tal senso, i mosaici di Gustav Klimt in palazzo Stocklet a Bruxelles); così anche nel sec. XX gli sviluppi dell'arte moderna, e in particolare l'affermarsi dell'astrattismo, hanno riportato l'attenzione degli artisti sui valori altamente decorativi della tecnica musiva.

Arte: il mondo islamico

Nel mondo islamico, gli esempi più antichi di mosaico si trovano sulle pareti della Cupola della Roccia di Gerusalemme (691) e della Grande Moschea di Damasco (714-715). Sono in tessere vitree e, sebbene ispirati a esempi bizantini, siriaci e sassanidi, presentano originalità nella vastissima scelta dei colori e nei motivi paesaggistici e vegetali. Nel periodo medievale si diffuse invece il mosaico a tessere di marmo e pietra sui pavimenti e sui muri interni degli edifici, di cui sono splendide testimonianze i monumenti mamelucchi d'Egitto. In Asia Minore e in Iran, con i Turchi Selgiuchidi e con i Mongoli, conobbe una straordinaria fortuna il mosaico di ceramica smaltata, usato anche per i rivestimenti esterni, in particolare per le cupole. A motivi di arabeschi o volute floreali, esso raggiunse il vertice dell'eleganza nel sec. XVI sotto la dinastia safawide. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 3 pp 202-205" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 3 pp 202-205"

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