natìvo digitàle

Individuo cresciuto a contatto con tecnologie digitali quali computer, dispositivi mobili cellulari e Internet. Il termine è stato coniato nel 2001 da Mark Prensky, scrittore statunitense considerato un innovatore nel campo della pedagogia e dell’apprendimento. Nel suo articolo Digital Natives, Digital Immigrants, pubblicato dalla rivista “On the Horizon”, si riferiva con questa espressione a tutti coloro nati dopo il 1985 che hanno vissuto a contatto diretto con le tecnologie digitali durante il loro processo di formazione. Prensky indica inoltre come “immigrati digitali” gli individui nati prima di quell’anno che si sono saputi adattare allo sviluppo tecnologico. Per rispondere alle numerose critiche rivolte alla sua teoria, strettamente ancorata a determinate generazioni, Prensky ha in seguito proposto il concetto di “saggezza digitale”, che trascende l’aspetto generazionale e si radica nell’esperienza diretta e personale di ciascun individuo. Secondo la sua prima definizione un “nativo digitale”, abituato alla diffusione dell’interfaccia grafica in una società multischermo, non prova alcun disagio nell’interagire con queste tecnologie, considerandole abituali al livello di un elemento naturale. Spicca poi una terza figura, quella dei “tardivi digitali”, locuzione riferita alle persone cresciute in un mondo analogico e che, diffidando delle moderne tecnologie, vi si approcciano con riluttanza. Sempre in questo ambito, si è giunti a parlare di “generazione Google”, ovvero i nati negli anni Novanta del XX secolo che hanno avuto quotidianamente a che fare con il motore di ricerca, divenuto pubblico a partire dal 1998. Rappresentano lo stadio più recente dei nativi digitali e vengono riconosciuti per l’intrinseca abilità nel navigare e ricercare velocemente informazioni sul web.

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