notturno

Indice

Lessico

agg. e sm. [sec. XIII; dal latino nocturnus].

1) Agg., proprio della notte, che avviene o si svolge durante la notte: ore notturne; riposo, silenzio notturno; servizio, spettacolo notturno; viaggio notturno; ascensione notturna. In particolare, nel linguaggio sportivo: gara notturna (o solo notturna, come sf.), quella che si svolge con la luce artificiale. Riferito a persona, che esercita un'attività durante la notte: guardiano notturno; anticamente e lettarario con valore di avverbio: uscire notturno, di notte. Di piante e animali attivi di notte: uccelli notturni; fiori notturni, aperti durante la notte.

2) Sm., nella liturgia, preghiera fatta nella notte, in ossequio al comando di Gesù, di “vegliare” nell'attesa del Signore. Perciò, le domeniche e le feste principali nell'antichità erano celebrate con una “veglia” che durava tutta la notte. Oggi la preghiera ufficiale della notte è l'Ufficio di lettura, che nelle domeniche e feste può avere un prolungamento nella vigilia, con cantici della Scrittura e lettura di un brano del Vangelo.

3) In musica, designazione generica di varie composizioni scritte a partire dal sec. XVIII in poi, ispirate al tema della notte o comunque da eseguirsi nelle ore della notte

4) Rappresentazione pittorica o fotografica di un paesaggio ripreso nella notte o di una scena che avviene di notte.

Musica

In origine, brano per più strumenti o per piccola orchestra affine alla serenata, alla cassazione, al divertimento (celebri in quest'ambito i notturni di Haydn e di Mozart, del quale è da ricordare anche la celeberrima Eine kleine Nachtmusik K. 525 per archi, del 1787), il notturno si trasformò nell'epoca romantica in una breve composizione affidata per lo più al pianoforte, d'intenso contenuto lirico e di vibrante espressione. I primi esempi in questo campo furono offerti da J. Field (1782-1837), ma emblematici per la definizione del genere furono i 21 notturni di Chopin, che servirono da modello a Liszt, Fauré, Martucci, Sgambati, ecc. A una misura più liberamente fantasiosa e visionaria si ispirano i Nachtstücke di R. Schumann, che hanno trovato nel sec. XX un'ideale continuazione nell'omonimo brano di P. Hindemith (nella Suite per pianoforte, 1922). Tra le numerose composizioni per orchestra che recano il titolo di notturno, celebri soprattutto il notturno di Mendelssohn dalle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare e i 3 Nocturnes di C. Debussy (Nuages, Fêtes, Sirènes). Già con questi esempi, tuttavia, al notturno viene a mancare una precisa connotazione strutturale e il termine assume un generico carattere evocativo e suggestivo, al di fuori di qualsiasi tradizione stilistica e formale.

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