nudo

Indice

Lessico

agg. [sec. XIII; latino nudus].

1) Privo, non coperto di vesti: una donna nuda; popolare: nudo come un verme; mezzo nudo, poco vestito. Di singole parti del corpo scoperte: lavorare a torso nudo.

2) Per estensione, privo di quanto possa considerarsi come rivestimento o copertura: colle nudo di vegetazione; un cavallo a dorso nudo, senza sella e finimenti; spada nuda, sguainata; parete nuda, non adorna di elementi decorativi; dormire sulla nuda terra, senza giaciglio. In particolare, in diritto civile: nuda proprietà, il diritto di proprietà inteso come facoltà di sola e semplice disposizione (per esempio di vendere), senza il godimento, cioè senza uso o usufrutto. Sia la nuda proprietà sia il godimento di un medesimo bene possono quindi essere trasferiti autonomamente e appartenere a diversi soggetti. In matematica finanziaria: nei prestiti obbligazionari, si indica con nuda proprietà la parità di un titolo al valore attuale della somma C' scontata per il tempo t al saggio di valutazione i' ed è quindi data dalla formula: C'(1+i')-t. Sommando la nuda proprietà all'usufrutto si ottiene il corso del titolo. Nel caso di titoli rimborsabili secondo un piano di ammortamento qualunque, per ottenerela nuda proprietà del titolo al tempo t occorre calcolare i valori attuali, al tasso i', delle rimanenti quote di capitale destinate al rimborso dei titoli, sommare i risultati e dividere per il numero dei titoli (nt) ancora da rimborsare.

3) Fig., non velato da infingimenti né corredato di aggiunte illustrative, schietto, integro: la nuda verità; i fatti nudi e crudi; mettere a nudo, scoprire interamente. Anche spoglio, privo, mancante: animo nudo di passioni; assoluto, inerme, senza mezzi: “Povera e nuda vai Filosofia” (Petrarca); estens.: guardare a occhio nudo, senza l'ausilio di strumenti ottici.

4) Con valore di sm., il corpo umano nella sua nudità integrale, in quanto oggetto di raffigurazione artistica, araldica, ecc.: i nudi di Prassitele.

Arte

La rappresentazione del corpo umano nudo nella cultura occidentale è presente fin dall'era paleolitica, probabilmente come raffigurazione simbolica degli attributi della divinità (per esempio le cosiddette “veneri steatopige”, assai frequenti nell'area mediterranea fino alla Mesopotamia, sono da porsi in relazione con la dea della fecondità). Funzione essenzialmente religiosa hanno anche i nudi maschili della plastica greca dei sec. V-IV a. C., i kouroi o efebi, che, eretti nei santuari come ex voto, raffigurano l'uomo che nella sua perfezione fisica (e contemporaneamente morale, secondo l'etica greca) si innalza verso la divinità ; e la raffigurazione della divinità (dal sec. IV a. C.), che si manifesta all'uomo sotto la sua stessa forma, non può non essere che assolutamente bella e pura. Di conseguenza l'evoluzione stilistica dai primi kouroi (per esempio l'Efebo di Crizio, ca. 490 a. C., Atene, Museo dell'Acropoli) ai nudi classici della metà del sec. V (per esempio il Doriforo di Policleto, ca. 440 a. C.) tende verso la raffigurazione realistica dell'anatomia umana, ma realizzata nelle sue forme perfette (e quindi ideali) secondo i canoni della proporzione, stabilendo un tipo di bellezza ideale mai più rifiutata dalla cultura occidentale. Il mondo ellenistico e quello romano produssero in abbondanza nudi maschili e femminili raffiguranti divinità o eroi, ma soltanto per assecondare il proprio gusto edonistico: mutati i canoni di bellezza, le espressioni e gli atteggiamenti appaiono più umani, la levigata tornitura delle membra sprigiona una decisa sensualità, i virtuosismi tecnici approfondiscono le possibilità dinamiche della statuaria (Ermes con Dioniso fanciullo di Prassitele, ca. 350 a. C., Olimpia, Museo; gruppo del Laocoonte, di Agesandro, Atenodoro e Polidoro, ca. 25 a. C., Roma, Musei Vaticani). L'etica cristiana, rifiutando il nudo, lo fece ovviamente scomparire dalle rappresentazioni artistiche per tutto il Medioevo, sino all'affermarsi dell'umanesimo e del neoplatonismo, che lo riproposero a imitazione dell'antico sia quale strumento di studio delle proporzioni umane, sia soprattutto quale raffigurazione perfetta della bellezza, a simbolo della superiorità dell'uomo sul mondo. Botticelli, Pollaiolo, il giovane Michelangelo dipinsero e scolpirono il nudo alla corte di Lorenzo de' Medici per un idealistico ed edonistico recupero della classicità pagana, ma poco più tardi, mutato il clima intellettuale, Michelangelo stesso nel Giudizio Universale lo usò come unico possibile mezzo espressivo per raffigurare la potenza divina . È noto che vent'anni più tardi il Concilio di Trento impose la copertura di natiche e membri virili del Giudizio (operata con triangolini svolazzanti da Daniele da Volterra), ma gli scandali sul nudo furono all'ordine del giorno per tutto il Rinascimento, sino alla condanna ufficiale della Controriforma. Il nudo venne relegato nelle accademie, quale studio preliminare della figura umana, che in fase di realizzazione veniva poi convenientemente vestita, secondo un procedimento tecnico attuato sino alla metà dell'Ottocento. Inoltre fu ammesso nel soggetto della Venere, e come tale fu un tema spesso ripreso dai coloristi, per i virtuosismi tecnici che permetteva, da Tiziano a Velázquez, a Rubens (che per ritrarre la moglie nuda la raffigurò appunto come Venere). Il nudo femminile si diffuse quindi nel Settecento con palesi e disinibiti intenti (per esempio l'Odalisca di Boucher, Parigi, Louvre; le numerose e raffinatissime stampe “galanti” decisamente pornografiche). Il neoclassico, riportandosi all'arte greca, ripropose il nudo (essenzialmente maschile) nella sua dimensione eroica (statua bronzea di Napoleone di Canova, Milano, Brera) e quale soggetto principe dell'arte del disegno (Füssli, Ingres), che imperò nelle accademie e nell'arte ufficiale sino alla fine dell'Ottocento. Il romanticismo neocattolico usò il nudo femminile con una certa frequenza, ma lo mascherò ipocritamente sotto titoli mitologici (ancora Veneri e ninfe, soprattutto in Italia), e spesso ne accentuò la morbosità con abbigliamenti che scoprendo seno e gambe ne sottolineavano il valore erotico (Hayez, Chassériau), secondo un meccanismo che giunse al culmine nella seconda metà del secolo. L'arte moderna, a cominciare dagli impressionisti, ha usato il nudo come soggetto tradizionale da proporre in maniera alternativa, per dimostrare la validità dei diversi stili di pittura e scultura, partendo da Renoir e Cézanne per giungere, attraverso Modigliani, a Brâncusi e Picassoe ha rinnovato anche ideologicamente il soggetto, accettandone e sfruttandone la carica erotica in opposizione al moralismo codino (Picasso negli ultimi anni si divertì a produrre una nutrita serie di variazioni volutamente pornografiche sul tema del “pittore e la sua modella”). Molti grandi fotografi contemporanei hanno fatto del nudo femminile il soggetto principale nei loro scatti (Robert Mapplethorpe, Helmut Newton, David Lachapelle).

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