Lessico

(ant. ospitale, reg. spedale), sm. [sec. XIV; dal latino hospitālis, da hospes-ítis, ospite].

1) Istituto pubblico destinato al ricovero di ammalati bisognosi di assistenza sanitaria continuativa o di cure e di esami medici non praticabili né ambulatorialmente né domiciliarmente: ospedale civile, militare; ospedale privato, provinciale. In particolare, ospedale da campo; ospedale delle bambole, dei burattini, laboratorio in cui si eseguono le riparazioni. Nelle loc.: finire all'ospedale, di chi ha subito un incidente; mandare qualcuno all'ospedale, picchiarlo, bastonarlo, ridurlo tanto male da rendere necessario il suo ricovero; è un ospedale; un ospedale ambulante, scherzoso, di persona piena di malanni, di acciacchi. Con funzione appositiva, posposto al nome di un mezzo di trasporto, per indicare che tale mezzo è appositamente attrezzato per trasportare malati e feriti: treno ospedale; nave ospedale. Per estensione, degenza in ospedale: l'ospedale è a carico della mutua; fare due mesi di ospedale.

2) Ant., ospizio per pellegrini.

Classificazione

Particolari istituzioni sanitarie di ricovero sono realizzate per determinate finalità: ospedale psichiatrico era il luogo di cura per malati di mente; un tempo centro di isolamento per gli affetti da forme morbose psichiche, e quindi luogo di sola custodia e segregazione, esso era progressivamente divenuto, negli ultimi decenni del sec. XX, un'istituzione ospedaliera simile alle altre, fino a rientrare nel progetto di riforma generale degli istituti per alienati definito dalla legge 13 maggio 1980 (vedi manicomio); ospedale da campo è il servizio di pronto soccorso organizzato dietro le linee di combattimento per le prime cure ai soldati feriti; ospedale diurno è una istituzione destinata all'assistenza di malati che possono mantenere un rapporto con la famiglia, nelle ore della sera e della notte, ricevendo però le necessarie cure mediche durante il giorno; ospedale notturno, analoga istituzione in cui a un malato che può proseguire la sua attività diurna, anche lavorativa, vengono somministrate le terapie opportune nelle ore della notte; ospedale militare, il centro per la cura di soldati malati o feriti; nave ospedale, nave destinata o adattata al trasporto e alla cura di malati e feriti, durante la guerra; allo scopo è provvista di più sale operatorie, di reparti per cure fisiche ed esami. L'inviolabilità e la neutralità delle navi ospedale sono sancite dalle Convenzioni di Ginevra; queste prevedono per le navi ospedale l'obbligo di notifica all'inizio delle ostilità e l'astensione da qualsiasi atto di guerra, la loro tutela e salvaguardia e l'esenzione da cattura; treno ospedale, convoglio ferroviario formato da un'infermeria e una serie di vetture adattate per il trasporto di feriti (e malati) in tempo di guerra.

Cenni storici

Nell'antichità i malati trovavano cure e assistenza (non di rado a pagamento) presso i templi poiché la medicina era appannaggio dei sacerdoti. In Egitto gli infermi erano accolti in luoghi appositi, nei templi di Iside e di Serapide, e così in Grecia, dove nei templi dedicati al dio Esculapio si andarono formando scuole di medicina e per la prima volta furono creati reparti separati per moribondi e partorienti. A Roma, durante il periodo imperiale, furono istituiti i valetudinaria per l'assistenza dei liberti e degli schiavi mentre presso le case dei medici erano predisposti dei locali (detti medicatrinae o iatreiae) dove i malati erano tenuti in osservazione; inoltre, infermerie erano organizzate negli accampamenti militari. In India, già a partire dal sec. IV a. C., presso i grandi monasteri buddhisti esistevano luoghi di ricovero che erano insieme ospizi per pellegrini e ospedali per infermi. Istituzioni analoghe si diffusero in Occidente nei primi secoli del cristianesimo per iniziativa di vescovi e cristiani facoltosi. Il Concilio di Nicea (325) decretò infatti che presso ogni vescovado fosse predisposto un ricovero per viandanti e malati bisognosi. L'esempio più antico di questi istituti, detti xenodochia, la cui organizzazione era di carattere più caritativo che sanitario, sorse nel sec. IV a opera di Basilio, vescovo di Cesarea. Celebre anche l'ospizio fondato da San Benedetto (sec. VI) presso Salerno, da cui ebbe origine la nota scuola medica. Nell'Alto Medioevo gli xenodochia si moltiplicarono assumendo denominazioni diverse secondo la specifica assistenza prestata: nosocomi per i malati, gerontocomi per i vecchi, brefotrofi e orfanotrofi per i bambini e gli orfani. Sorsero soprattutto in prossimità dei monasteri e lungo gli itinerari percorsi dai pellegrini per recarsi ai Luoghi Santi, mentre fuori le mura delle città furono creati ospizi particolari per il ricovero e l'isolamento dei lebbrosi. Dopo il Mille l'organizzazione ospedaliera ricevette un notevole impulso con la costituzione dei primi ordini cavallereschi (l'ordine di Malta, dei Templari e dei Teutonici) il cui compito originario fu appunto l'assistenza agli infermi. Tra le maggiori realizzazioni di questo periodo vanno ricordati l'ospedale di Santa Maria Latina di Gerusalemme (1099); l'ospedale di Costantinopoli (1136), diviso in vari reparti, e l'ospedale di S. Spirito sorto a Roma intorno al 1200. Nei sec. XV e XVI i vasti rivolgimenti politici e religiosi determinarono anche un profondo mutamento dell'organizzazione ospedaliera che, affidata per lo più allo Stato, attenuò il suo carattere caritativo per assumere quello di difesa sociale dei sani dai malati. Le ricorrenti epidemie, l'elevata mortalità, la mancanza assoluta di igiene, l'ignoranza dei meccanismi di contagio portarono fatalmente alla diffusione dei lazzaretti, luoghi in cui l'assistenza sanitaria era limitata all'isolamento, imposto con la tradizionale quarantena, e le cure mediche erano quasi inesistenti. Gli ospedali divennero assai spesso pericolosi focolai di malattie e solo nei sec. XVII e XVIII, con l'ampliarsi delle conoscenze nel campo della patologia e soprattutto con la sistematica applicazione dell'antisepsi, fu possibile risanare l'ambiente eliminando le cosiddette malattie da ospedale. Il superamento del criterio della beneficenza e l'affermarsi dell'impegno pubblico portarono progressivamente a concepire il ricovero ospedaliero non più come un'opera di carità bensì come un'esigenza di carattere sanitario. Gli ospedali si organizzarono in modo da offrire servizi e cure specifiche per le differenti malattie e assistenze particolari per sesso ed età diverse e si strutturarono in modo da garantire la possibilità di ricovero anche per un elevato numero di malati. Non va tuttavia dimenticato che in Italia solo una legge (febbraio 1968) avrebbe cancellato definitivamente norme e disposizioni che collocavano l'ospedale tra le istituzioni di pubblica beneficenza e che vedevano nel malato degente un cittadino bisognoso di assistenza più che di cure. Dal punto di vista del funzionamento si è verificata una profonda evoluzione nel senso che l'ospedale non è più visto solo come luogo di cura per infermi affetti da malattie gravi, ma come il centro sanitario dove sono possibili diagnosi rapide e sicure, e soprattutto il nucleo fondamentale dell'organizzazione sanitaria di un determinato territorio. Per questo l'ospedale oggi tende ad aprirsi all'esterno con gli ambulatori, diviene centro di insegnamento per medici e infermieri, si occupa di medicina preventiva e di assistenza medico-sociale. Tali concetti sono stati recepiti anche dalle leggi italiane che prevedono, fra l'altro, la classificazione degli ospedali, sulla base dell'organizzazione dei propri servizi, in ospedali di zona, provinciali e regionali, nonché in ospedali generali e specializzati (nel caso in cui si dedichino all'assistenza di una particolare forma morbosa).

Architettura

La tipologia edilizia dell'ospedale si è andata modificando in accordo con la funzione che esso ha rivestito nella società del tempo e proporzionalmente al crescere della sua autonoma istituzione e dell'importanza dei concetti di igiene, sanità e assistenza. Gli ospedali del sec. XVIII erano caratterizzati dallo sfruttamento della maggior parte dello spazio disponibile per il ricovero dei malati, tendenza che si è modificata con gli orientamenti successivi di limitare il numero di letti per corsia e di aumentare i servizi di assistenza medica all'interno dei reparti. Queste modificazioni sono sfociate in un primo tempo nella caratteristica tipologia degli ospedali a padiglioni, costruiti fino agli inizi del sec. XX e ancora in uso, nei quali ciascun padiglione è occupato da una specializzazione ed è completo di laboratori per analisi e terapia medica. Lo svilupparsi, negli anni Trenta di quel secolo, di una nuova tendenza, nel senso di dare importanza alle attrezzature diagnostiche, terapeutiche e ai laboratori di analisi centralizzati, utilizzabili da tutti i reparti, ha portato, fino al secondo dopoguerra, alla realizzazione di ospedali costituiti da un solo blocco sviluppato in altezza, ciascun piano ospitante un reparto specializzato mentre il piano terreno e il sottosuolo vengono utilizzati per gli uffici, i laboratori, le analisi ecc. La tendenza attuale è diretta a rompere la netta separazione tra reparti a diversa specializzazione, distinguendo una serie di camere a 2-4 posti per la degenza dal complesso dei servizi medico-analitici concepiti secondo un'organizzazione che vede i malati seguiti da équipes interdisciplinari di specialisti. A questo proposito lo schema distributivo dovrebbe facilitare i contatti tra reparti di degenza, di diagnostica, di terapia e i laboratori. Un ottimo esempio orientato in tal senso si può considerare il progetto di Le Corbusier per l'ospedale di Venezia dove i vari piani sono differenziati secondo le funzioni e i servizi che svolgono e non per specializzazione e i collegamenti sono distribuiti su direttrici verticali.

Sicurezza negli impianti ospedalieri

Particolare attenzione è riservata alla prevenzione degli incendi: va evitata pertanto la concentrazione di grosse quantità di materiali combustibili nella struttura (pavimentazioni con moquettes non ignifughe, controsoffitti non compartimentanti, pareti divisorie, coperture in materiali plastici, rivestimenti, strutture provvisorie), negli arredi (mobili, tende, suppellettili), nell' immagazzinamento, anche temporaneo, di materiali cartacei, plastica, scorte di sterilizzanti e disinfettanti, sostanze infiammabili, depositi di materassi, coperte e cerate. Gli aspetti significativi per la sicurezza antincendio negli ospedali sono: le uscite che devono seguire i requisiti normativi (numero, larghezza, modalità d'installazione) al fine di garantire l'evacuazione sicura, direttamente proporzionale al numero di persone presenti (indice di affollamento) e dalla collocazione dei locali e dell'edificio; le scale che devono seguire nelle dimensioni l'analogo criterio, possono essere interne o esterne, a prova di fumo o protette; sia le uscite sia le scale di emergenza devono inoltre essere idoneamente illuminate e segnalate anche in caso d'interruzione della corrente elettrica. In particolare, ogni ospedale deve essere dotato di strutture di sicurezza, segnaletica appropriata, dispositivi di sicurezza antincendio. § Strutture di sicurezza: sono costituite da scale aeree a cielo libero; scale a prova di fumo, il cui numero, ubicazione e dimensionamento dev'essere rapportato alla struttura dell'edificio anche in base al numero medio degli occupanti; da cristalli antisfondamento; da parapetti ad altezza adeguata; da porte e dispositivi di compartimento; da impianti elettrici con cavi antifiamma e antifumo ecc. Segnaletica: deve essere conforme al D.Lgs. 493/96, norme UNI e indicare percorsi e uscite di sicurezza (verdi); ubicazione dei dispositivi di protezione individuale (verdi); ubicazione delle attrezzature antincendio (rossi); segnali di divieto (rossi); segnali di obbligo (blu); segnali di pericolo (gialli). Dispositivi di sicurezza: possono essere manuali (pulsanti per il segnale d'allarme) e automatici (rilevatori di fumo e calore che trasmettono automaticamente segnali in luoghi presidiati). La centrale di raccolta degli allarmi deve essere presidiata 24 ore su 24 e dotata di un quadro sinottico con segnalazioni luminosa e acustica e gestita da un sistema computerizzato che possa individuare il punto preciso o la zona interessata. Dispositivi antincendio: sono sia manuali (bocche idranti, estintori) sia automatici (impianti fissi di spegnimento con ugelli spruzzatori tipo Sprinkler dotati di testine di vetro tarate a rompersi a determinate temperature in modo da lasciar cadere l'acqua; impianti a gas inerti o ad aerosol collegati a rilevatori di fumo e calore che comandano l'immissione dei gas in presenza degli agenti presi in considerazione (come archivi, depositi, lastre radiografiche ecc.). Esiste inoltre il divieto assoluto di installazione di impianti ad acqua nelle vicinanze di conduttori elettrici sotto tensione.

Diritto

In base alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, gli ospedali non sono più soggetti autonomi (enti), ma “stabilimenti ospedalieri”, cioè strutture delle Unità Sanitarie Locali, mediante le quali si vuole gestire in modo unitario e uniforme la tutela della salute sul territorio nazionale. Essi sono articolati sulla base di leggi regionali, in dipartimenti, secondo il principio sia della integrazione tra le divisioni e servizi complementari, sia del collegamento tra servizi ospedalieri ed extraospedalieri. Da tale disciplina sono escluse alcune strutture ospedaliere, quali, per esempio, gli ospedali militari. Successivamente la legge 30 dicembre 1992 n. 502 (modificata poi con decreto legislativo il 7 dicembre 1993, n. 517) ha fissato i criteri per la trasformazione degli ospedali in aziende ospedaliere o in presidi delle unità sanitarie locali (USL), modificando così profondamente la riforma sanitaria disegnata dalla legge del 1978, che al contrario aveva inglobato gli ospedali nelle USL e che tendeva all'integrazione di tutte le strutture sanitarie esistenti sul territorio. Oggi gli ospedali sono aziende autonome indipendenti, staccate dalle USL, peraltro anch'esse gestite attualmente in forma aziendale come Aziende Sanitarie Locali o ASL, dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia sotto il profilo organizzativo, patrimoniale, gestionale e tecnico. Inoltre, sempre con la legge del 1992 n. 502, è stata regolamentata la possibilità di esercizio dell'attività libero professionale in regime ambulatoriale all'interno delle strutture ospedaliere, le cui linee guida organizzative sono state fissate con decreto ministeriale il 31 luglio 1997. Vedi anche sanità.

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