Definizione

sf. [sec. XIX; dal francese renne, dall'islandese hreinn]. Artiodattilo (Rangifer tarandus) tipico delle regioni fredde dell'emisfero boreale, l'unico della famiglia dei Cervidi (sottofamiglia dei Rangiferini) in cui le corna sono presenti in entrambi i sessi.

Zoologia

La renna era diffusa, durante le glaciazioni del Pleistocene, in gran parte dell'Europa e dell'America fino alle regioni meridionali: da queste discendono le attuali renne che vivono nelle regioni dell'Artide e che vengono tutte incluse nella stessa specie (Rangifer tarandus tarandus in Eurasia e Rangifer tarandus caribou, il caribù, in nordamerica); alcuni autori considerano tuttavia i caribù americani, o renne dei boschi, una specie distinta (Rangifer caribou), definendo quella dell'Eurasia renna della tundra; quest'ultima vive in stato di semidomesticità e ha una mole inferiore a quella del Nuovo Mondo. La renna della tundra, o renna del Vecchio Mondo, è alta al garrese poco più di 1 m e lunga 1,80 m; vive allo stato brado in branchi controllati dall'uomo anche se non mancano ancora esemplari allo stato selvatico o rinselvatichiti. Ha la testa allungata con muso espanso nella regione delle narici, occhi piccoli, collo modesto, tronco slanciato e arti relativamente corti; il manto è folto e sul collo forma una vistosa criniera; il colore è molto vario come anche il palco delle corna (più piccole nelle femmine) il cui sviluppo è in rapporto all'età. Ha una gestazione di 240 giorni e per ogni parto ha 1 o 2 piccoli. Durante l'estate si nutre abbondantemente di germogli ed erbe in modo da costituirsi uno spesso pannicolo adiposo valido sia come riserva di energia sia come rivestimento protettivo contro il freddo invernale. In autunno migra verso regioni meno settentrionali nutrendosi di cortecce d'albero; le migrazioni vengono seguite dai pastori (in Europa dai Lapponi) che utilizzano le renne oltre che per la carne, le pelli, il latte e le corna anche per il traino delle slitte e come cavalcature. I caribù sono più veloci, più grandi (altezza al garrese 1,40 m e lunghezza 2-2,20 m) e le loro migrazioni seguono itinerari meno variabili; vivono prevalentemente allo stato selvatico; inoltre alcuni autori riconoscono diverse razze, quali il caribù dei boschi e quello artico. Il primo vive nel Canada settentrionale e nell'Alaska, trattenendosi preferibilmente nelle zone paludose, e verso la metà di autunno migra nelle zone boschive più a sud. Il caribù artico, o caribù polare, vive fra la baia di Hudson e il Mar Glaciale Artico e differisce dal precedente per le corna più sviluppate. § La pelle della renna, opportunamente conciata, è molto morbida e pregiata. La moda recente ha saputo convenientemente valorizzarne le qualità, lanciando sul mercato una serie di confezioni (giacche, cappotti, ecc.) per ambo i sessi, di sobria eleganza, utilizzandola anche per la confezione di calzature o di altri accessori (specie borse e cinture). § In ambito antropologico è nota la cultura della renna.

Etologia

Le renne (con riferimento sia a quelle del Vecchio Mondo sia ai caribù) formano i branchi più numerosi fra i Cervidi, talvolta di alcune migliaia di capi, anche se più comunemente si rinvengono gruppi di individui compresi fra poche unità e alcune decine. Le alte latitudini alle quali vivono impongono alle loro popolazioni, come d'altronde a quelle delle renne europee, periodiche migrazioni fra la tundra, in cui trascorrono l'estate, e la taiga, ad alcune centinaia di chilometri verso sud, in cui trascorrono l'inverno. Il viaggio migratorio verso settentrione incomincia verso aprile o maggio, in dipendenza dalle condizioni climatiche dell'anno in corso; le femmine, ingravidate nell'autunno precedente, intraprendono la migrazione circa un mese prima dei maschi e, seguendo percorsi consueti, si recano a partorire in luoghi pure frequentati di anno in anno. I parti si svolgono con una sincronia straordinaria (la quasi totalità delle nascite ha luogo nella seconda metà di maggio), adattamento protettivo nei confronti dei predatori (soprattutto i lupi) in quanto da un lato questi potranno effettuare un prelievo di prede in un arco di tempo assai limitato, dall'altro le femmine, quasi tutte con piccoli della stessa età, si muoveranno alla stessa velocità, mantenendosi unite in numeri più grandi. I piccoli, d'altro canto, sono in grado di seguire le madri già poche ore dopo la nascita e nei primi giorni di vita, quando sono ancora malfermi sulle zampe; le madri regolano la propria andatura su quella loro, voltandosi frequentemente verso di essi e richiamandoli con un particolare belato mentre agitano verticalmente il capo. I grandi branchi probabilmente incutono qualche timore anche a predatori audaci e ben organizzati come i lupi, che tuttavia possono assalire le femmine e i piccoli che stazionano più in periferia e scatenare la fuga dell'intero branco. In questo caso i piccoli, già all'età di pochi giorni, pur perdendo il contatto con le rispettive madri, si mostrano in grado di galoppare appresso al branco; cessato il pericolo, ciascuna madre è in grado di ritrovare il proprio o i propri piccoli per mezzo dell'olfatto. I maschi raggiungono le femmine subito dopo il periodo dei parti. La migrazione primaverile, per le renne, ha la funzione di portare le popolazioni in un'area, la tundra, che subito dopo il disgelo si ricopre di una vegetazione bassa ma rigogliosa, dove esse possono nutrirsi abbondantemente e quasi senza competitori. All'ambiente della tundra le renne sono ben adattate, oltre che fisiologicamente, anche anatomicamente; infatti possiedono piedi particolarmente larghi, a superficie leggermente concava e fittamente ricoperti di pelo che, oltre a isolarle dalle basse temperature del substrato, ben si prestano a camminare sul terreno innevato o acquitrinoso. Verso la fine dell'estate le renne, che si erano disperse su grandi spazi, tornano a riunirsi in branchi immensi e intraprendono la migrazione di ritorno verso la taiga; i quartieri invernali, al contrario di quelli estivi, non sono in genere prefissati, dato che le renne seguono i percorsi più ricchi di alimento. La stagione degli accoppiamenti coincide con il ritorno ai quartieri invernali. Le femmine entrano in estro fra settembre e ottobre e i maschi, che in questo periodo acquistano una vistosa criniera, le seguono singolarmente, senza riunirle in harem, annusandole frequentemente e saggiandone la ricettività sessuale; parallelamente, non lottano fra loro se non raramente e con scarsa intensità, e solo quando si trovano a seguire la stessa femmina; più frequentemente investono, con le corna abbassate come contro un avversario, i rami bassi dei cespugli, comportamento proprio anche di altri Cervidi. In pieno inverno, quando la vegetazione è scarsissima, le renne usano gli zoccoli anteriori per scavare buche nella neve, fino a mettere allo scoperto le piante sepolte; in questo periodo le madri sono molto gelose delle proprie buche, nelle quali permettono di cibarsi esclusivamente ai propri figli, minacciando con le corna e scacciando gli altri individui. Poiché nei Cervidi il possesso delle corna è un elemento di dominanza, la presenza di corna in ambedue i sessi nelle renne offre motivi di interesse per la dinamica dei rapporti di dominanza fra i sessi. Le femmine delle renne hanno in genere corna meno sviluppate dei maschi, ma le perdono subito dopo la stagione dei parti, mentre i maschi le perdono dopo la stagione degli amori; parallelamente il grado di dominanza dei sessi si inverte periodicamente, con i maschi che impongono il loro dominio durante la primavera e l'estate, fino alla stagione riproduttiva, e le femmine che a loro volta divengono dominanti durante l'inverno. Fra gli individui (dello stesso sesso) forniti di corna in un certo periodo, quelli che possiedono palchi di dimensioni maggiori sono riconosciuti dagli altri come dominanti, secondo la regola vigente tra i Cervidi.

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