rappresàglia

Indice

Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino medievale represalia, da reprehendĕre, riprendere].

1) Atto con cui si prende qualche cosa ad altri come pegno o risarcimento di un danno. In particolare, azione violenta contro qualcuno per vendetta o per affermare i propri diritti: è stato ucciso per rappresaglia; hanno scioperato per rappresaglia.

2) In diritto internazionale, volontaria lesione di un interesse giuridico di uno Stato, autore di un illecito internazionale, compiuta dallo Stato vittima dell'illecito al fine di reagire all'offesa ricevuta.

3) Nel linguaggio comune, azione, misura violenta, spesso cruenta, che una potenza occupante compie nei riguardi della popolazione del territorio occupato, quando questa, o formazioni di partigiani o di ribelli, abbia recato danno agli occupanti o alle loro cose: furono fucilate dieci persone per rappresaglia dopo l'attentato a un soldato nemico.

Diritto

La rappresaglia è una sorta di vendetta, apparentata alla “faida” medievale, la cui sopravvivenza è attribuibile al fatto che nella comunità internazionale non esiste un'autorità superiore a cui gli Stati possano rivolgersi per chiedere giustizia contro i torti subiti. Per essere internazionalmente legittima la rappresaglia presuppone la lesione di un interesse giuridico e l'assenza di riparazione; deve essere condotta contro lo Stato autore dell'illecito; deve essere tempestiva e proporzionale al danno subito; non deve violare le leggi umanitarie. § Il diritto di rappresaglia, come del resto quello di guerra giusta, apparve nei secoli del basso Medioevo occidentale come un istituto atto a ristabilire l'equilibrio turbato da una grave iniuria, data la mancanza, o meglio l'inefficienza, di un'autorità superiore che potesse rendere giustizia (in defectu iustitiae) alla parte che si dichiarava lesa. L'istituto si sviluppò nel sistema giuridico unitario dell'Europa (il sistema del “diritto comune”) allorché la suprema autorità temporale, e cioè l'imperatore, appariva incapace di amministrare in suprema istanza la giustizia con efficacia coattiva che sapesse imporsi nell'ambito dei singoli ordinamenti particolari che componevano tale sistema: un cittadino di uno di questi ordinamenti (comune cittadino, signoria, ecc.), leso nella persona o negli averi da un cittadino di altro ordinamento (e quindi “straniero” al primo), dopo aver cercato invano giustizia dai giudici dell'altro ordinamento e non potendo rivolgersi efficacemente a istanze superiori (l'imperatore), otteneva dalle autorità del proprio ordinamento l'autorizzazione scritta (chiamata “carta” o “lettera di rappresaglia”) a rifarsi del danno subito sui beni dei cittadini dell'altro ordinamento che si trovavano nel territorio del primo. I “conti” venivano così regolati non più tra le singole parti in conflitto, ma più in generale tra i due diversi ordinamenti cui esse appartenevano, e cioè indiscriminatamente sui beni di uno o più concittadini della parte avversa che fossero di fatto a disposizione di colui che si considerava leso. Il diritto di rappresaglia fu nella prima metà del sec. XIV particolarmente teorizzato in un celebre trattato di Bartolo da Sassoferrato (Tractatus repraesaliarum). Alle carenze giuridiche implicite nel diritto di rappresaglia si venne gradualmente rimediando già nel Medioevo, e ancor più nell'età moderna e contemporanea, con quel complesso di strumenti giuridici (convenzioni, norme interne, ecc.) che vanno generalmente sotto il nome di diritto internazionale privato e regolano i conflitti di legge.

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