rivoluzioni colorate

Definizione utilizzata dai media per descrivere una serie di proteste e movimenti rivoluzionari, spesso non violenti, sviluppatisi tra il 2003 e il 2005 in alcuni Paesi ex sovietici e poi, per estensione, anche in Libano, Myanmar e Iran; l’aggettivo “colorate” è riferito ai colori eletti a simbolo delle proteste dai manifestanti.
I moti nei Paesi ex sovietici si caratterizzarono per il supporto a favore di esponenti politici filo-occidentali, in opposizione a governi ritenuti troppo legati alla Russia. In Georgia, nel novembre 2003, la rivoluzione delle rose portò alla caduta del neoeletto governo Ševardnadze – ritenuto illiberale ed eletto con voti manipolati – e al successo elettorale di Mikheil Saakašvili nelle elezioni presidenziali del gennaio 2004. In Ucraina, una serie di proteste contro l’elezione – anche questa ritenuta frutto di brogli – di Viktor Yanukovič nel novembre 2004 portò a una nuova consultazione elettorale in cui riuscì vincitore il leader della rivoluzione arancione, Viktor Juščenko, insediatosi poi alla presidenza del Paese nel gennaio 2005. In Kirghizistan, tra il febbraio e il marzo 2005 la rivoluzione dei tulipani portò alla fuga del presidente Askar Akayev, accusato di corruzione e autoritarismo, e all’elezione di Kurmanbek Bakiyev. Non incontrarono invece successo le proteste del novembre 2005 in Azerbaigian, dove i gruppi di opposizione, che inalberarono vessilli prima verdi e poi arancioni, furono dispersi dalla polizia subito dopo le elezioni parlamentari. Analogo insuccesso subì in Bielorussia la cosiddetta rivoluzione dei jeans contro il presidente Alexander Lukashenko, accusato di brogli dall’opposizione e dalla comunità internazionale tra il 2004 e il 2006. Anche in Mongolia, nel marzo 2005, si registrò un movimento di piazza sulla scia di quanto accadeva in Kirghizistan, ma i manifestanti, che indossavano sciarpe gialle e chiedevano nuove elezioni, non ottennero successo.
Alcuni osservatori riconducono alla definizione di “rivoluzioni colorate” anche la rivoluzione dei cedri in Libano del 2006, contro la presenza militare della Siria nel Paese, la rivoluzione zafferano in Myanmar del 2007, avviata dai monaci buddhisti contro la giunta militare al potere, e il movimento verde in Iran del 2009, per le dimissioni del presidente Ahmadinejād, Mahmūd

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