spagnòlo

Indice

Lessico

(lett. spagnuòlo), agg. e sm. (f. -a). Della, relativo alla Spagna: arte, storia, civiltà spagnole; abitante o nativo della Spagna; la lingua parlata in Spagna e in tutta l'America Latina a eccezione del Brasile. In particolare: febbre spagnola (o solo spagnola come sf.), una delle grandi pandemie di influenza.

Linguistica

Lo spagnolo ha come base il dialetto castigliano, che si impose con l'editto di Toledo (1253) e andò gradualmente estendendosi, anche in forza della sua supremazia culturale e politica, con la Reconquista. Restano comunque in Spagna tre importanti minoranze linguistiche: catalana, basca e gallega. Le prime attestazioni dirette dello spagnolo sono glosse del sec. X (formate non solo da semplici parole, ma anche da intere frasi) che si leggono in manoscritti latini: le più celebri sono le Glosas Emilianenses e le Glosas Silenses. Dopo varie e notevoli produzioni letterarie, la lingua venne per la prima volta codificata e fissata da Elio Antonio de Nebrija nella sua fondamentale Gramática en lengua castellana che fu pubblicata proprio nel 1492 quando lo spagnolo stava per diventare anche la lingua del Nuovo Mondo, arricchendosi così di nuovi vocaboli, derivati dalle lingue amerindie, che spesso dallo spagnolo si diffusero anche alle altre lingue europee. Come questo avvenimento, così anche altre vicende storiche lasciarono la loro traccia nel lessico spagnolo: il sostrato iberico preromano affiora soprattutto nella toponomastica; la presenza dei Visigoti, dei Vandali e degli Svevi traspare non solo dall'onomastica, ma anche da un certo numero di termini certamente di origine germanica (per esempio ganso, papero); la dominazione araba per la sua durata e per il suo prestigio fornì, naturalmente, allo spagnolo il maggior numero di prestiti lessicali che, in parte, passarono poi anche alle altre lingue europee. Specialmente nei sec. XV e XVI penetrarono in spagnolo anche voci lessicali italiane (banca, carroza, centinela); in diverse epoche, ma soprattutto nei sec. XVIII e XIX, si fece sentire pure l'influsso francese (jardín). Le principali caratteristiche dello spagnolo sono: nella fonetica, la dittongazione di ĕ, ŏ tonici anche in sillaba chiusa (tierra, puerta), il passaggio di f- a h- davanti a vocale e la riduzione di li in j (hijo, latino filius), la palatalizzazione di ct in ch (ocho, latino octo) e di cl e pl in ll (llave, latino clavis; lleno, latino plenus); nella morfologia, la conservazione di -s (meses, latino menses), il comparativo con más (latino magis); nella sintassi, l'oggetto animato retto dalla preposizione a (la madre ama al hijo, la madre ama il figlio). In complesso lo spagnolo appare più conservativo del catalano, ma meno del portoghese. Le principali varietà dialettali spagnole sono il leonese e l'aragonese. Caratteristici dell'ispanoamericano sono i fenomeni fonetici del seseo (cioè la pronuncia di c avanti a e, i, e di z come s) e dello yeísmo (cioè la pronuncia di ll come y, e in Argentina anche come ǧ, ž), e in morfologia il cosiddetto voseo (cioè l'uso del pronome vos invece di tu). Gli Ebrei cacciati dalla Spagna nel 1492, e rifugiatisi per lo più in Turchia e nella Penisola balcanica, hanno conservato fino a oggi la loro lingua, il giudeo-spagnolo, sia pure più o meno influenzato dalle lingue con cui si trova a contatto.

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