tasso (economia)

sm. [sec. XIX; da tassare, sul modello del francese taux]. Il rapporto che si instaura tra due fenomeni nell'unità di tempo e si esprime quasi sempre in percentuale annua: stabilire il tasso di natalità di una nazione. Con accezioni specifiche nei vari settori (bancario, fiscale, assicurativo, finanziario) dell'economia: tasso nominale, rendimento annuo percentuale di un titolo obbligazionario calcolato sul valore nominale; tasso effettivo, rendimento annuo effettivo di un titolo obbligazionario o azionario, calcolato sulla base del corso secco; tasso di cambio, rapporto stabilito tra una quantità fissa di un'unità monetaria nazionale e un'unità monetaria straniera sulla base del quale si effettuano le transazioni internazionali; tasso di conversione, preso a base per la determinazione dell'equivalente in moneta nazionale di un debito o credito espresso in moneta estera; tasso di premio, stabilito in percentuale sul valore assicurato, riguarda l'assicurazione delle merci imbarcate; tasso d'imposta, aliquota stabilita per legge da applicare alla base imponibile, in misura fissa o commisurata al valore; tasso (o saggio) unitario, l'interesse prodotto dall'unità di capitale nell'unità di tempo (nel calcolo pratico si usa il tasso percentuale e, per periodo di tempo, l'anno); tasso reciproco, l'unico tasso che regola i rapporti tra due correntisti o anche quello stabilito in misura eguale per tutte le partite (a debito o a credito); tasso di riporto, prezzo dell'operazione di riporto espresso in misura percentuale; tasso di sconto, mediante il quale si calcola lo sconto di un capitale per un periodo di tempo stabilito; tasso ufficiale di sconto, applicato dalla banca centrale per i prestiti e le anticipazioni concesse alle banche ordinarie. Queste ultime adeguano il loro tasso al livello del tasso ufficiale per le operazioni attive compiute con i loro clienti. Di norma, il tasso è superiore di qualche punto a quello ufficiale. La manovra del tasso (o saggio) di sconto è fra i mezzi più usati per regolare l'offerta di moneta da parte dell'Istituto di emissione. Aumentando il tasso di sconto, inteso come il prezzo percentuale che si deve corrispondere alle banche per ottenere il valore liquido attuale dei titoli di credito, aumenta il costo della liquidità. In tal caso diminuisce la domanda di sconti e, di conseguenza, si riduce l'offerta di moneta sul mercato. L'aumento del tasso disconto influisce sul tasso d'interesse spingendolo al rialzo, dato che è diminuita l'offerta di circolante. Tutto ciò frena l'espansione degli affari e delle attività economiche, poiché crea un disincentivo per tutti coloro che non possono ricavare elevati utili dai loro investimenti. Il rialzo del tasso di sconto, determinando un rincaro del denaro, produce inoltre effetti positivi sulla bilancia commerciale e sulla bilancia dei pagamenti. Le esportazioni di beni e servizi, infatti, sono facilitate dai bassi prezzi, mentre gli elevati interessi provocano un maggiore afflusso di capitali dall'estero. Il ribasso del tasso di sconto provoca invece effetti diversi: il denaro a buon mercato stimola il ricorso al credito, lo sviluppo delle attività economiche e conseguenti effetti di segno opposto a quelli in precedenza delineati. La manovra dello sconto è uno strumento d'intervento piuttosto comune ed è usato dalle autorità preposte alla politica monetaria per stimolare o frenare lo sviluppo economico di un Paese. § Dal 1° gennaio 1999, conseguentemente alla progressiva introduzione dell'euro quale unità monetaria, in Italia il tasso ufficiale di sconto è stato sostituito, ai sensi del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, da un tasso di riferimento che viene modificato dal governatore della Banca d'Italia, con proprio provvedimento, tenendo conto delle variazioni riguardanti lo strumento monetario adottato dalla Banca Centrale Europea.

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