trasfusióne

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Lessico

sf. [sec. XVII; dal latino transfusío-ōnis, da transfundĕre, versare].

1) Non com., atto del trasfondere.

2) In medicina, operazione che si compie introducendo un certo quantitativo di sangue e di plasma dal sistema circolatorio di un individuo (donatore) a un altro (ricevente) a scopo terapeutico.

Medicina

La trasfusione consiste nell'infondere direttamente nel circolo ematico di un individuo sangue intero o i suoi derivati ottenuti per donazione volontaria da parte di altri individui. La donazione di sangue consiste abitualmente nel prelievo di circa 350 ml di sangue intero, perdita che viene perfettamente tollerata dal donatore e compensata nei giorni successivi dall'aumentata attività del midollo osseo. In casi particolari è possibile ricorrere alla plasmaferesi, che consente di prelevare dal donatore gli elementi necessari e di reinfondergli poi immediatamente la quota non utilizzata. Le situazioni che richiedono terapia trasfusionale sono molto numerose, tanto più che attualmente, potendosi ottenere separate le diverse frazioni del sangue (globuli rossi, piastrine, fattori della coagulazione eccetera), è possibile, di fronte a una condizione morbosa, trasfondere solo quelle veramente necessarie e limitare la trasfusione di sangue intero ai casi di emorragia massiva. La pratica trasfusionale richiede molta attenzione da parte del medico, al fine di evitare le cosiddette reazioni trasfusionali e soprattutto le reazioni emolitiche post-trasfusionali, che impongono la perfetta compatibilità fra i gruppi sanguigni del donatore e del ricevente, attestata preventivamente tramite l'esecuzione delle prove crociate. I controlli dell'identità del paziente e dell'unità di sangue da trasfondere a quest'ultimo sono eseguiti nei centri più avanzati con sistemi informatici che utilizzano codici a barra, visualizzati con una lettura ottica. Il sistema delle attività trasfusionali ha inoltre conosciuto una razionalizzazione in rapporto alla raccolta e alla distribuzione del sangue a livello territoriale che garantisce una maggiore efficienza, una riduzione dei costi e una maggiore omogeneità qualitativa dei risultati. La diffusione della terapia con trasfusione e, parallelamente, di malattie infettive a trasmissione parenterale, ha determinato il sorgere di un problema sanitario di grandissima importanza, cioè quello della possibilità di contrarre infezioni in seguito al ricevimento di sangue infetto: per questo motivo le trasfusioni esigono l'uso di aghi e contenitori sterili monouso nonché la ricerca e l'identificazione, pur garantita dall'anonimato che la legge offre al fine di evitare discriminazioni, dei donatori contagiosi per le malattie più comunemente responsabili di infezioni post-trasfusionali (epatite virale di tipo B, C e HIV). Per quanto riguarda invece i concentrati dei fattori della coagulazione, che vengono preparati da grandi quantità di plasma, è richiesto un ulteriore trattamento termico. La sicurezza delle trasfusioni nel nostro Paese è notevole, grazie alla rigorosa selezione dei donatori, che vengono sospesi se seguono stili di vita a rischio, se presentano patologie trasmissibili e se sono esposti a interventi chirurgici. Va inoltre sottolineato che la donazione di sangue in Italia è gratuita, non a pagamento come in altre nazioni, e che i controlli sui donatori sono periodici. I rischi di trasmissione dell'HIV, del virus dell'epatite B e quello dell'epatite C sono pertanto estremamente bassi. Per contenere ulteriormente quest'ultimo dall'ottobre 2000 è stato introdotto un nuovo test, il Nucleic Acid Assay Technology (NAT, che ha sostituito i test immunologici Elisa per la ricerca degli anticorpi anti-epatite C nel sangue), per tutte le donazioni di sangue e di emoderivati. Grazie alla sua applicazione, la finestra immunologica si restringe da 70 a 12 giorni e il rischio di trasmissione dell'epatite C si riduce da 7 unità per milione a 1 unità per milione.

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