Definizione

sm. [sec. XX; turbo-+reattore]. Propulsore a reazione (esoreattore) che fornisce una spinta elevata grazie all'eiezione di una massa di gas scaricata da appositi ugelli a velocità di 500-600 m/s e temperature di 500-600 ºC. È detto anche turbomotore e propulsore a getto. Per estensione, aeroplano appositamente realizzato per montare tali propulsori, noto anche come turbogetto, aviogetto, jet, velivolo a reazione, reattore.

Tecnologia: caratteristiche e applicazioni

Il motore a reazione è sostanzialmente costituito da una turbina a gas, da una presa d'aria anteriore e ugello posteriore, dal compressore, dagli iniettori del carburante (cherosina), dalla camera di combustione e dal cono o condotto di scarico; tutti questi organi, insieme ai vari organi secondari, quali motorino d'avviamento, pompe per i lubrificanti e i liquidi di raffreddamento, postbruciatori ecc., sono contenuti in un involucro metallico di forma aerodinamica posto nell'ala, di fianco alla fusoliera, entro la fusoliera, oppure sopra la coda del velivolo. Gli studi su motori in grado di consentire velocità, per gli aeroplani, superiori a quelle dei motori alternativi iniziarono negli anni Trenta del secolo scorso in Gran Bretagna, Germania, URSS, Francia, Italia; nel 1941 effettuò un solo volo sperimentale il Campini Caproni CC2, in realtà un motoreattore a turboelica intubata; i primi turboreattori vennero sperimentati al banco, nel 1937, in Gran Bretagna e in Germania e finalmente il 28 agosto 1941 volò il primo velivolo con motore a reazione, l'Heinkel He 178, mosso da un turboreattore Heinkel-Hirth HeS 3B. I primi velivoli a reazione entrarono in servizio verso la fine della II guerra mondiale, e furono i caccia Messerschmitt Me 262 (tedesco) e Gloster Meteor (inglese, mai impiegato in combattimento). Il successo di questi aeroplani spinse, nel dopoguerra, al perfezionamento dei propulsori a reazione sia dotati di elica (turboelica) sia sfruttanti il solo getto di gas, cioè i turboreattori in senso stretto.

Tecnica

In un turboreattore l'aria, captata dalle bocche di presa, viene elaborata dal compressore (o dai compressori nelle soluzioni a compressore di bassa e di alta pressione) e inviata alla (o alle) camera di combustione, dove si miscela con il carburante iniettato da idonei iniettori; l'accensione è a candela e, una volta iniziata, la combustione continua fino a quando giunge carburante (flusso continuo). Ciò provoca un notevole innalzamento della temperatura dell'aria che, non potendo espandersi, rimane ulteriormente compressa inoltrandosi verso la turbina dove si espande cedendo a questa la propria energia. Il turboreattore risponde, dal punto di vista termodinamico, al ciclo di Brayton e pertanto, come macchina termica, raggiunge rendimenti tanto più elevati quanto più elevati sono il suo rapporto di compressione e la temperatura massima del ciclo, a pari temperatura minima. La realizzazione dei turboreattori è quindi basata sull'ottenimento dei più elevati rendimenti possibili dei compressori, delle turbine a gas e delle camere di combustione. I compressori attualmente usati sono del tipo assiale i quali, tuttavia, quando raggiungono determinate dimensioni presentano una serie di problemi di funzionamento e di regolazione, che in diversi casi portano a livelli inaccettabili alcune loro deficienze, come quella di una risposta alquanto pigra ai comandi. La causa fondamentale di ciò è l'estrema difficoltà di assicurare condizioni regolari di funzionamento in un'ampia gamma di regimi ai diversi stadi del compressore, ciascuno stadio del quale influenza il comportamento tanto di quelli che lo precedono quanto, soprattutto, di quelli che lo seguono. Tra le tecniche elaborate per superare questi inconvenienti, si possono citare quella dell'adozione di palettature a calettamento variabile, per i primi stadi del compressore, dello spillamento di parte della portata d'aria elaborata dal compressore stesso, o della suddivisione del compressore in due tronchi indipendenti mossi, mediante due alberi coassiali, ciascuno da una propria turbina (schema noto come turboreattore bialbero). Un ulteriore sviluppo di quest'ultima tecnica ha portato ai turboreattori trialbero, in cui il compressore è costituito da tre sezioni distinte, mosse ciascuna da una turbina (eventualmente a più stadi), a essa collegata da tre alberi coassiali. I compressori assiali hanno generalmente il rotore costituito da una struttura cilindrica o tronco-conica cui sono applicate le palette, oppure da una serie di dischi, ciascuno dei quali porta le palette, e che serrati gli uni contro gli altri vengono collegati all'albero che va alla turbina. Le palette possono essere realizzate in lega leggera, in acciaio e in titanio, soprattutto quelle dei primi stadi, più soggette al pericolo di danni per l'ingestione di oggetti estranei, e quelle degli ultimi, dove l'aria compressa raggiunge temperature anche di qualche centinaio di gradi centigradi. Tra i materiali impiegati nella costruzione dei compressori stanno facendosi largo la fibra di carbonio e il kevlar. Tali materiali permettono di costruire e utilizzare pale a corda larga per le grandi ventole dei motori turboventola. Le ventole così realizzate si sono rivelate estremamente resistenti agli urti contro volatili e corpi esterni. Risultano anche migliorate le doti di sopravvivenza del motore al distacco di una di queste pale, che ha come conseguenza una delle avarie in assoluto più pericolose per un turboreattore. La tenuta tra le palette e la carcassa del compressore è realizzata mediante anelli di materiale abradibile (in genere teflon) nei quali le palette scavano la propria traccia. Il compressore ha la funzione di alimentare con aria sotto pressione, captata dalla presa anteriore, le camere di combustione, in cui viene bruciata la cherosina polverizzata mediante speciali iniettori. La maggior parte dell'aria proveniente dal compressore (il 75%) viene impiegata per diluire i prodotti della combustione stessa e per refrigerare le pareti esterne delle camere. Queste sono costituite da più involucri toroidali, contenuti l'uno dentro l'altro, e collegano l'uscita del compressore con l'ingresso in turbina, convogliando verso di questa i gas che si formano durante la combustione. Data l'elevata temperatura di combustione, le camere sono realizzate in leghe ad alto tenore di nichel, capaci di resistere a temperature anche abbondantemente superiori ai 1200 ºC; in esse, la combustione, una volta avviata mediante speciali candele, si mantiene da sola. Relativamente diffusa è l'architettura a flusso invertito, in cui le camere di combustione hanno una sezione a S, permettendo così di ridurre considerevolmente la lunghezza dell'albero che collega il compressore alla turbina. La turbina a gas, di norma assiale e frequentemente a più stadi, è la parte del turboreattore in cui vengono sfruttate le tecnologie più avanzate, date le elevate sollecitazioni meccaniche e termiche cui sono sottoposte soprattutto le sue palettature, le cui estremità possono ruotare a velocità dell'ordine dei 400 m/s, venendo investite da gas incandescenti a temperature anche superiori ai 1300 ºC e a velocità sui 600 m/s. Per tale motivo, le palette sono realizzate in speciali leghe ad alto tenore di nichel, con aggiunte di cobalto, e sono in diversi casi protette da un sottile strato di materiale ceramico, oppure sono munite di un sistema di raffreddamento alimentato da aria compressa prelevata al compressore, convogliata nell'interno delle palette (che sono cave) e quindi eiettata attraverso piccoli fori disposti sul loro bordo d'attacco, per cui forma un sottile straterello d'aria che assicura la refrigerazione. Verso la metà degli anni Ottanta del secolo scorso si è andata affermando la tecnica del monocristallo, che permette una maggiore resistenza alle sollecitazioni termiche e centrifughe cui è sottoposta la paletta. La ricerca è ancora molto attiva nel campo, dato che da essa dipende, per la gran parte, il miglioramento delle prestazioni dei motori a turbina. Problemi tecnici derivano anche dalla necessità di evitare fenomeni di corrosione e di ossidazione delle palette e di prevedere la possibilità di ragguardevoli dilatazioni termiche, che impongono l'adozione di speciali sistemi di fissaggio delle palette ai dischi delle turbine, tali da permettere apprezzabili giochi a freddo, e, viceversa, il bloccaggio alle normali temperature d'esercizio. Comunemente adottato è il sistema di bloccaggio detto ad albero di Natale. Per superare tale problema dall'inizio degli anni Novanta del secolo scorso si è andata diffondendo la tecnologia blisk (dall'inglese blade+disk, pala+disco). Tale tecnica prevede la realizzazione delle ruote turbina partendo da un disco pieno forgiato che viene scolpito da macchine a controllo numerico, che provvedono a realizzare integralmente anche le palette. Partendo da un forgiato con le fibre opportunamente orientate si possono realizzare notevoli incrementi di resistenza e diminuzioni di peso, riuscendo inoltre a eliminare il supporto a metà apertura che permette a ogni paletta di appoggiarsi alla precedente. La tecnica blisk appare come uno dei metodi più promettenti per l'incremento di prestazioni dei moderni turboreattori. La turbina ha la funzione di elaborare la portata gassosa trasformandola in parte in energia meccanica, necessaria per il funzionamento del compressore; la portata gassosa residua si espande nel condotto di scarico la cui forma contribuisce ad accelerare la velocità di espansione dei gas; la variazione della quantità di moto della massa gassosa in espansione fornisce la spinta. La spinta di un turboreattore, quando esso è montato su di un aeroplano, varia in misura abbastanza limitata al variare della velocità di volo ed è massima per velocità d'avanzamento nulla del velivolo, diminuisce leggermente quando vi è la minor differenza tra velocità di volo (e quindi di captazione dell'aria) e velocità di scarico del getto, mentre risale a velocità più elevate, dato l'incremento del rapporto di compressione ottenuto per effetto del recupero d'energia nella presa d'aria. Diminuzioni anche limitate del numero di giri della turboreazione (che dai 30.000~40.000 dei turboreattori più piccoli si riducono a 8000~10.000 al minuto per quelli più grandi) determinano invece cospicue riduzioni della spinta. Per questa ragione la strumentazione di bordo per il controllo del numero dei giri è tarata in percentuale, con un arco di lavoro che varia dal 97% al 105% del regime di giri di progetto. All'aumentare della quota, a parità di giri e di velocità di volo, la spinta del turboreattore si riduce, anche se in misura meno marcata, della potenza dei motori alternativi non sovralimentati. La riduzione della spinta al crescere della quota è notevole oltre gli 11.000 m dato che la densità dell'aria cala assai più vistosamente. I consumi specifici del turboreattore invece aumentano apprezzabilmente al crescere della velocità di volo, riducendosi al contrario quanto più la quota è elevata (sino al limite degli 11.000 m), e viceversa aumentando considerevolmente al ridursi del numero dei giri; pertanto, volendo risparmiare carburante ad alta quota, risulta inutile utilizzare il turboreattore a giri ridotti dato che a ciò provvede la diminuita spinta conseguente la rarefazione dell'aria. Dovendo aumentare la spinta a ogni quota, come è di regola sugli aviogetti militari, si adotta la postcombustione. Con il diffondersi dei sistemi missilistici con sistema di guida passiva a raggi infrarossi, la postcombustione ha diminuito enormemente la sua utilità in combattimento, essendo l'aumento di spinta legato al cospicuo aumentare della vulnerabilità a tale tipo di armi. Quindi negli aviogetti militari la spinta secca (cioè senza postcombustione) ha assunto importanza fondamentale e livelli tali da consentire il volo a velocità di crociera supersonica. La necessità di adattare correttamente la sezione del condotto di scarico a variazioni della velocità del getto, che possono assumere vistose proporzioni, comporta di norma che i turboreattori con postcombustione abbiano ugelli a geometria variabile: quest'esigenza è generalmente soddisfatta da ugelli a petali, in cui una corona di martinetti idraulici agisce su flabelli che possono venire serrati o aperti a seconda delle condizioni di funzionamento del turboreattore. L'adozione di un ugello regolabile facilita inoltre l'avviamento del turboreattore, mentre la possibilità di variare le condizioni di eiezione dei gas di scarico consente una certa riduzione dei consumi specifici. Esigenze di manovrabilità e decollo e atterraggio corto hanno portato a sperimentare, sugli aviogetti da combattimento, ugelli vettoriali, ovvero in grado di dirigere la spinta sul piano di simmetria verticale del velivolo. La gestione di ugelli vettoriali è però estremamente complessa e deve essere integrata in un sistema globale di controllo del velivolo comprendente FCU digitale (Fuel Control Unit: unità per il controllo del combustibile) e sistema di controllo fly-by-wire comandato da computer. I moderni turbogetti sono dotati (a parte le unità di minor potenza) di inversori di spinta, basati sul principio della deviazione verso la direzione del moto di parte del getto gassoso. Sia per i motori civili sia per quelli militari la silenziosità è divenuta una delle maggiori doti. La riduzione del rumore avviene attraverso un accurato progetto, mediante l'uso di materiali fonoassorbenti, l'affinamento delle superfici aerodinamiche, il controllo della combustione e, soprattutto, un'accurata miscelazione del getto caldo con l'aria circostante. Per i velivoli militari è fondamentale la riduzione della traccia infrarossa attraverso il raffreddamento del getto, ottenuto in maniera analoga. Particolare importanza hanno i problemi di regolazione dell'alimentazione del combustibile, che deve pervenire agli iniettori in quantità variabile a seconda della spinta che il pilota desidera ottenere e tenendo conto delle condizioni di temperatura e di pressione ambiente, del numero di giri del propulsore, della temperatura dei gas prodotti dalle camere di combustione e della pressione dell'aria che esce dal compressore. Il gruppo di controllo dell'alimentazione FCU è quindi particolarmente complesso, richiedendo la sapiente integrazione di sensori barometrici, manometrici, termometrici e meccanici. Complesso è anche il problema delle prese d'aria data la necessità di assicurare un'efficiente trasformazione dell'energia cinetica dell'aria captata dalla bocca di presa in energia di pressione, attraverso un suo graduale rallentamento. Mentre nel caso di velivoli subsonici la soluzione di questo problema non richiede che un graduale aumento delle sezioni del condotto di adduzione dell'aria al turboreattore, nel caso di velivoli supersonici un efficiente recupero di pressione può essere ottenuto solo attraverso un sistema di onde d'urto che, per potersi adattare alle variazioni di assetto, velocità e regime motore dell'aereo, possono essere ottenute solo mediante prese d'aria a geometria variabile. Esigenza comune di tutte le prese d'aria è poi quella di evitare che l'aria dello strato limite, la cui energia è limitata per effetto dei fenomeni d'attrito contro le superfici del velivolo antistanti alle prese d'aria e del condotto di adduzione stesso, venga ingerita dal turboreattore. Di più facile soluzione è il problema della protezione della presa d'aria e delle palettature direttrici d'ingresso del compressore contro il pericolo di formazioni di ghiaccio, che è generalmente risolto mediante circolazione di aria calda, spillata al compressore, in apposite intercapedini degli elementi citati, o mediante resistenze elettriche annegate nella superficie degli stessi organi. Particolarmente semplice è il problema della lubrificazione, dato il regolare regime di rotazione del turboreattore e dato che le parti del turboreattore a elevata temperatura non richiedono alcuna lubrificazione, in pratica necessaria solo per i cuscinetti dell'albero e per i ruotismi dei vari accessori. Per le unità ausiliarie di potenza, sono stati introdotti cuscinetti ad aria. Oltre ai tradizionali radiatori, la refrigerazione del lubrificante sfrutta scambiatori di calore in cui l'olio viene raffreddato facendoli lambire dal flusso di combustibile che va agli iniettori. Per l'avviamento dei turboreattori si ricorre, nei tipi di piccole dimensioni, a motori elettrici, mentre per gli altri all'iniezione di aria compressa che trascina in rotazione la turbina a gas, oppure a piccole turbinette ausiliarie, collegate meccanicamente ai loro alberi. La potenza elettrica o pneumatica necessaria all'avviamento è generalmente fornita da piccole turbine ausiliarie, diffuse ormai su quasi tutti i velivoli. L'affinamento del turboreattore ha portato a propulsori il cui peso può mediamente essere di circa un decimo della spinta erogata, e anche meno nel caso di speciali reattori impiegati per fornire le forze sostentatrici su alcuni aviogetti a decollo verticale. In linea di massima i più elevati rapporti spinta/peso sono tipici dei turboreattori di minori dimensioni, dato che, secondo la formulazione della cosiddetta legge del quadrato/cubo, la spinta fornita da un turboreattore risulta proporzionale alla portata d'aria da questo elaborata (e quindi al quadrato delle sue dimensioni lineari), mentre il peso del propulsore è proporzionale al cubo delle sue dimensioni lineari. Il turboreattore è adattabile anche alle esigenze del volo a velocità subsoniche, sfruttando la tecnica della diluizione (o del turboreattore a doppio flusso), cui si è giunti cercando di conciliare le opposte esigenze di un alto rendimento termodinamico (che comportando elevate pressioni e temperature massime nel ciclo implica automaticamente altrettanto elevate velocità di scarico) e di un elevato rendimento propulsivo (che impone invece che la velocità dei gas di scarico non sia molto maggiore di quella con cui l'aereo sta volando). Nei turboreattori a diluizione, usualmente bialbero, una frazione anche cospicua dell'aria proveniente dal compressore a bassa pressione non viene fatta pervenire a quello ad alta pressione, ma è viceversa convogliata, attraverso un condotto anulare che avvolge il nucleo del propulsore, nel cono di scarico, dove si mescola con i gas ad alta temperatura e velocità provenienti dalle turbine, cioè con l'aria che, uscita dal compressore ad alta pressione, è passata alle camere di combustione e ha poi azionato le turbine stesse. I gas di scarico più caldi e più veloci, provenienti da un ciclo termodinamico con elevato rendimento, vengono così diluiti dall'aria fredda che è stata prelevata all'uscita del compressore a bassa pressione, costituendo una massa gassosa più fredda e più lenta, che assicura sia una ridotta rumorosità, sia un buon rendimento propulsivo anche a velocità dell'ordine dei 300 m/s, e anche inferiori se il rapporto di diluizione (cioè il rapporto tra la massa dei gas di scarico freddi e quella dei gas caldi) è sufficientemente elevato. La ricerca nel campo dei turboreattori a diluizione ha dato risultati talmente positivi da provocare la quasi scomparsa dei turboreattori puri.

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